Su Rinascita Sud, in gennaio – febbraio 1985, scrivevo: “Con il mio lavoro “Cetraro (Notizie storiche)”, pubblicato nel 1973, riprendevo per primo un discorso storico iniziato dal De Giacomo con pochi documenti e interrotto da oltre trentacinque anni. Questo libro, come ho precisato in un incontro culturale del 18/8/1984, rappresenta il primo sforzo inteso a riempire le pagine bianche della storia del mio paese, compresa tra il 1086 e il 1515.
Fu merito della mia paziente ricerca se i Cetraresi conobbero il diploma del duca Ruggero Borsa, relativo ai confini territoriali, il prezioso privilegio di Fella, le azioni di Judetta, di Pifanio, di Fasano, del conte Sangineto, dell’arciprete Settecerze e di molti capitani e governatori.
Da quel libro parimenti seppero che la nostra cittadina nel Medioevo era stata teatro di lotte e che, prima degli statuti del 1512, la vita amministrativa e tributaria era regolata da “Cinquanta capitoli”.
Il mio lavoro non ha precedenti nella storia locale cetrarese: gli argomenti, tranne un accenno alla donazione del 1086, sono inconfutabilmente nuovi. Nel 1980, in occasione del XV centenario della nascita di S. Benedetto, il prof. De Leo ha svolto, presso l’Hotel S. Michele di Cetraro, una relazione riguardante la storia medievale di Cetraro. Il testo di detta relazione, formato di poche pagine, consiste in una minuta raccolta di osservazioni critiche che nulla aggiungono alla sostanza dei fatti del nostro problema storiografico.
Analoga impressione deve aver a lungo tormentato l’autore di detta relazione se a distanza di due anni fu costretto a procurarsi il mio secondo lavoro storico, “Possedimenti e chiese cassinesi in Calabria: Cetraro e altre località (secoli XI-XV)”, per apportare agli atti del convegno di Cetraro aggiustamenti e aggiunte”.
Preciso che i più grandi medievalisti di Roma (Gatto, Mansella, Brezzi) mi avevano conferito la lode per quel lavoro. Invece l’accademico cosentino e un accademico partenopeo, pur servendosi dei miei scritti, continuarono a criticarmi. Volevano distruggermi perché il mio nome creava ombra.
“Nel 1982, il De Leo, allo scopo di conferire valore e attualità alla sua ricerca, pubblica il testo della citata relazione, integrandolo di numerose e corpose note a pie’ di pagina, i cui argomenti sovente trovano riscontro nei miei lavori e alcune note (11, 65, 112), con prassi normale, sono tratte dai miei libri… L’opuscolo del De Leo, “Istituzioni e società nel Mezzogiorno italiano medievale – Un feudo cassinese in Calabria: Cetraro” (1982), tratta anche gli argomenti delle mie ricerche e da questa constatazione nasce la necessità di dover segnalare agli studiosi, se non un rapporto di dipendenza fra il lavoro di De Leo e i miei, almeno un certo influsso esercitato dalle mie opere per ragioni di primarietà.
La veridicità della mia affermazione, circa il fatto che l’opera del De Leo non si discosti molto dai miei lavori, il lettore potrà verificarla facendo il confronto tra alcuni passi delle mie ricerche e il contenuto dell’opuscolo del predetto De Leo e a riguardo indico i seguenti argomenti: la caduta di Cetraro sotto i Normanni, la vita amministrativa di Cetraro, l’esame del privilegio di Fella del 1207, le inquisizioni (inchieste) disposte dall’Abate Bernardo I”. L’accademico cosentino mi cita solo per criticarmi e per qualche errore di stampa. Gli scrittori locali hanno seguito le orme del De Leo.
A Cetraro, c’è chi, con la complicità di don Ghennio e di Malugivinne, mi uccide moralmente tutti i giorni, spogliandomi delle mie sudate carte. Si può perdonare chi nella vita uccide fisicamente una sola volta e non chi uccide quotidianamente, seppure spiritualmente. In Cetraro in Rete, un certo Antonio ha affermato che “molti sanno e pochi dicono, che molti nuovi pseudo scrittori di Cetraro non sono altro che plagiatori”. Purtroppo, oggi, il reato di plagio è previsto solo per coloro che copiano tutto di un libro; basta cambiare le parole e le virgole per sfuggire a tale reato. Questa operazione è gradita agli amanti della forma che non vogliono sottoporsi alla fatica della ricerca. Io ho passato tutta la mia vita negli archivi effettuando viaggi costosissimi. Hanno attinto ai miei libri diversi accademici e tanti scrittori locali. Io il 18 agosto 1984 ho affrontato il Sirri e P. Falchi che affermavano che Cetraro era nato dopo Sant’Angelo. Affermavo certe cose alla luce di documenti consultati a Montecassino. Quelle mie notizie d’archivio, pubblicate successivamente in “Cetraro – Terra nullius dioecesis”, sono finite in due libri di uno scrittore locale. In detti libri ci sono centinaia di notizie tratte dai miei lavori, frutto di mie ricerche nell’archivio di Montecassino, e il mio nome viene citato solo di sfuggita nella bibliografia. Il colmo è che costui fa uso anche di mie fotografie senza citarmi. Nel 1981 sono stato a S. Biagio, frazione di Cetraro, ed ho fatto delle fotografie a colori alla chiesa, una delle quali si trova nel mio libro “Cetraro terra nullius dioecesis” (Mazzitelli, 2003). Detto studioso riporta la fotografia in un suo libro di qualche anno fa ed afferma che essa risale agli anni Sessanta. Uno dei due non dice il vero. Io conservo la fotografia originale assieme ad altre quattro effettuate lo stesso giorno. Per i lettori di Cetraro in Rete esibisco la fotografia incriminata (sopra, ndr). Ringrazio la Redazione e termina così la mia breve collaborazione.
Leonardo Iozzi