Sanità, punto a capo

Il capogruppo di Sel, Benedetto Guaglianone, interviene sui problemi della sanità del Tirreno cosentino e chiede la convocazione di una Conferenza dei sindaci “che abbia l’obiettivo di bloccare lo scellerato atto aziendale 106 e programmi una rete ospedaliera al reale servizio dei cittadini”.

“Ci è stato detto – ho sottolineato Guaglianone – che bisognava effettuare il Piano di rientro per colmare l’ennesimo “buco” nella sanità, che, indirettamente o direttamente, ci coinvolge tutti. Infatti, questo problema determina due conseguenze entrambe devastanti: la voragine determinata dal sistema sanitario locale, con un livello di servizi assolutamente insufficiente, e il parallelo contraccolpo subito dai cittadini a causa degli inasprimenti fiscali necessari (ticket) per reperire le risorse economiche finalizzate a tamponare l’emorragia dovuta in gran parte a veri e propri sprechi”.

“Occorrere voltare pagina immediatamente, bloccare l’atto 106, e lanciare lo slogan ‘Sanità, punto a capo’. Bloccare l’atto del direttore generale, dottor Scarpelli, è un obiettivo irrinunciabile, non per tutelare un’incomprensibile e assurda pretesa “campanilistica”, ma poiché lo stesso mette a rischio la salute dei cittadini”.

“Nell’atto – continua Guaglianone – non c’è ombra di progetti innovativi per tutelare la salute, per migliorare le strutture, per la riorganizzazione, programmi per l’assistenza. Al contrario, sembra essere un atto con la schizofrenia addosso, squinternato e sbilenco. Volutamente ignora il rapporto Barbieri sul rischio sismico, che, come è noto, tra i centosettanta edifici pubblici al alta vulnerabilità in Calabria, cita proprio l’ospedale di Paola; volutamente ignora che la sanità che funziona non può prevedere la Rianimazione in un luogo (Cetraro) e la Chirurgia e la Medicina altrove. E, quindi, chiaro che la politica utilizza la sanità, capovolgendo il giusto rapporto e cioè che la sanità dovrebbe utilizzare la politica. Assistiamo imponenti a uno scenario dove la sanità è considerata dal ceto politico soprattutto come prezioso serbatoio di voti. E per la conservazione di questo status bisogna evitare di assumere iniziative, che, anche se portatrici di miglioramento al servizio, possano creare fratture o semplici incrinature alla macchina del consenso”.

“A nostro avviso – conclude –  l’atto aziendale 106 va in questa direzione. Ecco perché, se non smuoviamo questo masso, il problema non si risolve. Liberi da questo inquietante e perverso intreccio tra politica e sanità, si possono affrontare tante iniziative, varare subito il piano ospedaliero, eliminando i tanti rami secchi, distribuire razionalmente le risorse ospedaliere del territorio, mettere al posto giusto le competenze mediche effettive, monitorare annualmente il funzionamento del sistema, non con commissioni fidate o agenzie fantasma, ma con competenze ineccepibili e autonomie”.