“Quando i pazienti di un Istituto di cura restano senza la propria casa, la vita assume un sapore diverso. Un sapore amaro, di un cibo difficile da digerire e da accettare. L’Istituto di cui parlo è il Centro di Salute Mentale di Paola, che ha chiuso le porte e ha destabilizzato la psiche già fortemente compromessa dei suoi abitanti!
Io sono sorella di un paziente che veniva seguito proprio in quell’istituto, da ben quindici anni e, io stessa – soffrendo di una depressione post-operatoria da circa due anni –, vi ero in cura.
È inutile che vi dica quanto quella struttura fosse importante per me, per mio fratello e per tutti gli altri pazienti del Comprensorio. Com’è inutile che vi dica quale punto di riferimento e aiuto per noi tutti rappresentasse.
E ora? Ora che siamo rimasti senza casa come faremo? Il personale, i medici e gli assistenti sociali erano la nostra difesa. Erano la nostra ancora di salvezza, la nostra speranza di riuscire ad avere una vita, più o meno, normale! E ora? Certo, è risaputo da tempo che la struttura avesse bisogno di una risistemata: mancavano i riscaldamenti e le stanze erano malridotte, ma perché chiuderlo? E poi così all’improvviso, lasciando noi pazienti in balia di un destino che ci ha penalizzato. E il personale, poi, sparpagliato a destra e a manca…
“Perché?”, mi chiedo. Perché non preparare prima una nuova struttura per un presidio così importante? Perché privarci di una speranza? Perché lasciarci senza una casa?
Non credo che in molti si rendano conto del disagio che può avvertire una famiglia con a carico persone psicologicamente instabili. Così come non credo che la maggior parte della popolazione si avveda di com’è vivere, per noi, senza essere affiancati da un personale competente e preparato come quello del CSM e del SERT di Paola…
Con questa mia lettera, comunque, non voglio fare innescare polemiche. Voglio solo denunciare il nostro disagio: il mio e quello di tutti i pazienti del CSM. E voglio pregare chi di dovere di ripristinare al più presto questo servizio.
Non fateci sentire persone di seconda categoria! Non privateci della nostra casa!”