Riflessioni sull’ultima opera dello scrittore calabrese Ciro R. Cosenza, che sarà presentato il 24 aprile alle ore 18.00 nella sala conferenze della Pro loco di Cetraro.
Dizionario. Di come si viveva in Riviera e dintorni del prof. Ciro Cosenza si inserisce nella scia delle ricerche dialetto-antropologiche che hanno preso l’ avvio nei lontani anni Sessanta quando in Italia ebbero inizio la museografia antropologica e tutta una serie di ricerche sugli strumenti di lavoro, sulle usanze e modi di dire, in poche parole su tutto quel patrimonio di tradizioni che aveva ritmato la vita di una società prevalentemente contadina ormai al tramonto.
In quegli anni aveva inizio quella che gli studiosi chiamano ‘catastrofe antropologica’, conseguenza della diffusione, anche nel Sud dell’Italia, dell’industrializzazione.
Per la prima volta nella sua storia l’uomo cominciava a disperdere abilità che lo avevano accompagnato fin dalla più remota antichità. Per la prima volta l’uomo regrediva ‘dalla mano al tornio’ con conseguenze non solo nella vita economica, ma anche nella vita sociale.
Per questo suo volume l’autore sceglie la formula del dizionario. Ma non dobbiamo lasciarci trarre in inganno. Non si tratta di un asettico elenco di lemmi con annessa spiegazione. C’è anche questo, ma non solo.
L’opera racconta il senso di alcuni toponimi, le tecniche lavorative, le tradizioni familiari e sociali, anche recenti, ma ormai agonizzanti e sconosciuti ai giovani di oggi che vivono le veloci trasformazioni di un mondo globalizzato.
Qua e là emergono figure di donne e uomini che praticavano mestieri ormai scomparsi. La lattara, la caldarrostaia, u zinzularu, per citarne alcune.
Qua e là emergono quadretti di vita familiare e sociale ora commoventi, ora ironici, ora divertenti. Quadretti di vita che sanno del calore di nonne attorno al braciere, di donne che sulle scale esterne delle loro case fanno comunità, di atti di solidarietà coi vicini che vivono momenti difficili o lieti della loro vita, delle lacrime di un ragazzino che non riesce a prendere il ricco premio che pende dall’albero della cuccagna, mentre la mamma, una vedova povera che, trepidante, assisteva, confusa tra la folla. Quadretti, fotogrammi di un film che raccontano la vita, la mia vita, la tua vita, la nostra vita, che, scorrendo, si trasforma, non muore.
La storia di ogni oggetto, tradizione, tecnica lavorativa è una storia aperta verso il futuro.
Non è il senso della catastrofe che percorre l’opera. E’ una certa nostalgia che emerge qua là.
I ragazzi di oggi, con tutti i giochi elettronici e i computer a disposizione, certi giochi non sanno neppure che esistono e non sanno che si perdono! Sottolinea l’autore a proposito del gioco dell’ammucciarella che permetteva a qualche coppietta nascoste ed innocenti effusioni che, allora, non erano permesse.
Vi assicuro era un bel vedere! Sottolinea a proposito delle palme, adornate dai ginetti, che ogni bambino portava in chiesa la Domenica delle palme per farle benedire.
La tradizione, il passato non sono un castello turrito in cui rinchiudersi e da cui ci si oppone alla minaccia che viene dal presente e dal futuro che incombe velocemente. Dalla minaccia che viene da fuori, da altri paesi perché, afferma l’autore, “Ogni mondo è paese. Il tuo paese”. Sono questi dettagli che fanno apprezzare i libri del professore Cosenza. Dall’ uomo colto qual egli è non ci si può aspettare chiusura e intolleranza.