Nell’ambito della sesta edizione del Caffè Letterario l’architetto Carlo Andreoli, illustre amante dell’Arte e della Storia ha tenuto una prolusione, arricchita da immagini, faticosamente reperite, su palazzi e gente di Cetraro.
L’architetto ci spinge ad osservare, riscoprire ed esplorare piazze, palazzi, scorci famosi e angoli riposti della nostra città. Ci spiega il loro senso, la loro valenza storica, artistica e culturale e, non solo, ne dispiega la relazione con la vita quotidiana di chi in quei luoghi è vissuto e vive.
“Luoghi e palazzi, afferma il presidente del Centro Fausto Gallo, che, soprattutto i giovani non conoscono, abituati come sono a guardare davanti a sé e a non alzare gli occhi verso l’alto. Anche per noi adulti ormai fanno parte del paesaggio e non ci soffermiamo più a guardarli. Eppure costituiscono il nostro patrimonio culturale insieme alle nostre chiese, ai nostri vicoli, alle case della nostra gente più umile.” Il presidente del Centro ringrazia “l’architetto Andreoli sempre disponibile a condividere il frutto dei suoi studi. Da vero studioso sa che il sapere condiviso porta frutti, il sapere chiuso in sé rimane sterile erudizione”.
Luoghi che ci aiutano a riscoprire le radici su cui si fonda il nostro presente e solide basi culturali su cui si progetta il futuro, ha detto col suo consueto garbo la coordinatrice della serata professoressa Vittoria Colistra.
Argomento centrale della prolusione palazzi e gente della zona “della Porta di Basso” che avvolgono come in un abbraccio Piazza Giovanni Losardo, fuori dagli itinerari abituali, luoghi che meritano di essere meglio conosciuti e meglio apprezzati. Angoli tra i più suggestivi e pittoreschi e più ricchi di storia.
Andreoli salva dall’oblio cocci di storia e di umanità che inesorabilmente il tempo spezza e rende polvere.
Ci rivela, ad esempio, il senso delle due finestrelle appaiate che si affacciano sulla piazza o il senso dei due gradoni che verso di essa degradano.
Le une punto di avvistamento di chi sovrintendeva alla Porta di Basso, gli altri resti della Chiesa della Santissima Trinità, in un certo senso cappella dell’ospedale-ostello dei pellegrini, fondato nel 1582 dal venerabile fra Albenzio Rossi. L’ostello era situato fuori dalla porta che a sera veniva chiusa. All’interno sicurezza e calore, all’esterno l’addiaccio.
Su fra Albenzo Rossi numerose le pubblicazioni dello stesso architetto.
Ci conduce per mano, l’architetto, attraverso via Santa Croce che da zona Porta di Basso, si snoda sinuosa fino alla “Sentinella”, la cappellina a guardia della ‘nzilica, la scalinata che porta alla Marina. All’interno un rudimentale Calvario tracciato da mano devota sulla nuda parete, che doveva originariamente ospitare una statua o un dipinto.
Attraversiamo l’arco di Porta di Basso ed entriamo nel vico Gineca che immette in un quartiere, prima popolato, in cui si svolgeva un sistema di vita basato sulla solidarietà sociale, sullo scambio di piccole come di grandi cose. Luogo di accesso ad una via che, sinuosa, riconduce velocemente alla Porta di Sopra.
Su vie e piazze si affacciano palazzi e giardini che diventano una incessante ricerca di significato al confine tra estetica, natura e cultura.
Giardini che, sostiene Andreoli, dovrebbero essere recuperati e restaurati perché, come il giardino di palazzo De Caro, contengono piante autoctone, rarità tipiche della Cetraro del Novecento.
Ed ecco che prendono vita personaggi più o meno conosciuti che in quei palazzi sono vissuti. Ritratti, anche preziosi, che Andreoli ha recuperato a fatica.
Don Luigi Losardo, segretario comunale vissuto a Napoli, uno dei tre fondatori di Cetraro Nova, figura di punta dell’intellighenzia della Cetraro di allora, curatore della traduzione degli Statuti Cetraresi.
Giovanni Losardo ritratto con il padre al Castelluzzo, oggi proprietà della famiglia del compianto Bruno Picarelli, figlio di Rosina Losardo, sorella di Giuseppe Losardo. Questi fu autore di una singolare iniziativa: il progetto di una “bigattiera”, uno stabilimento per la lavorazione artigianale della seta (1925).
Don Ferdinando Losardo, personalità carismatica, prelato ed economo della chiesa matrice di San Benedetto. Di lui ci racconta che fu protagonista di una strana vicenda. Una sera del Giovedì Santo del 1890, mentre si trovava in chiesa a pregare insieme a don Ferdinando Cerbelli, vide entrare in un confessionale la figura di don Vito Occhiuzzi, morto qualche decennio prima. Dopo un po’, uscito fuori, mormora qualcosa all’orecchio di uno dei pochi fedeli che sui banchi della chiesa si erano appisolati. Allora don Ferdinando, intimorito, dice ai fedeli:-Svegliatevi! Uno di essi risponde: – Abbiamo parlato con don Vito Occhiuzzi. “Voi avete parlato. Io l’ho visto”. Storia o leggenda?
Rosalbino De Caro, figura di pittore e scultore di notevole interesse e consulente storico della diocesi di San Marco Argentano. Di pregevole valore il suo autoritratto insieme alla figlia in vestito alla marinaretta. E’ suo il Cristo Crocifisso in legno che si trova in San Martino di Finita, commissionatogli da don Eugenio Occhiuzzi.
Attilio De Caro, figura di spicco della vita politica e culturale della provincia di Cosenza. Cofondatore di Cetraro Nova (1909). Da consigliere provinciale promosse la costruzione del porto di Cetraro. Negli anni Trenta fu presidente della Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania. Fu lui a proferire il discorso di accoglienza dei Padri Pallottini giunti a Cetraro nel 1947.
Singolare il portale del monumentale palazzo De Caro, che si affaccia su Piazza Losardo, già Largo Porta di Basso. Al centro lo stemma di famiglia, al lato sinistro due colonne, una di stile ionico, l’altra sormontata da due mascheroni con la bocca aperta. Forse due caccia acqua.
Diego De Caro junior, psichiatra, autore del corposo volume La psichiatria attraverso i secoli edito da Idelson nel 1997.
Il vicesindaco Fabio Angilica, infine, ha sottolineato compiaciuto i meriti della prolusione di Carlo Andreoli che con grande perizia ha ricostruito momenti culturali di particolare pregio che hanno caratterizzato la vita di Cetraro. Angilica ha sottolineato che la prolusione ha avuto il merito di ripercorrere le tappe significative degli incontri culturali promossi dalle amministrazioni comunali per valorizzare il patrimonio culturale cetrarese.
Due fra tutti l’iniziativa che si è tenuta in Campidoglio il 31 gennaio 2012 sulla figura di fra Albenzio Rossi, venerato anche nella città di Roma, e il ritorno a Cetraro il 4 giugno 2011 della preziosa icona bizantina di Maria che fra Albenzio aveva riportato dalla Terra Santa e che teneva sempre con sé. Oggi l’icona, incoronata da due papi, è custodita nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie in Roma.
Commovente ed apprezzata con un caldo applauso la presenza della decana del Centro, Giovannina Pepe, sempre presente alle iniziative sociali e culturali degli anziani.