Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Fortunato Amarelli, Amministratore delegato di un’azienda che ha fatto, e continua a fare, la storia dell’economia calabrese, dal 1731. Amarelli ha ricevuto noi di Cetraro In Rete nel suo studio, a Rossano, con il sorriso sulle labbra. È stato disponibile e cordiale e ci ha concesso la possibilità di porgergli diverse domande, alle quali ha risposto con calma e dosando bene le parole. Ci ha parlato della storia della sua azienda, del museo della liquirizia, del suo passato e delle strategie aziendali.
Cominciamo parlando di liquirizia…
Beh, la liquirizia, intanto, è un prodotto calabrese. Un prodotto calabrese per eccellenza. Nasce spontanea, è una radice, ed è quasi esclusivamente di Calabria, almeno per quanto riguarda l’Italia. Poi, la troviamo in Grecia, in Medio oriente, in Cina… Da noi, sin dal 1800, quando in pratica si è sviluppato il “gusto della liquirizia”, la si trova esclusivamente in Calabria. Ed è infatti a quell’epoca che nascono le primissime aziende di liquirizia.
Anche Amarelli?
Sì. Anzi, Amarelli nasce nel 1731. E la radice spontanea comincia ad essere trasformata in un prodotto da consumare immediatamente. La Calabria invade l’Europa.
Chi è Fortunato Amarelli?
Fortunato Amarelli ha iniziato il suo percorso nell’azienda sin da piccolo. Alla fine, Amarelli è un’azienda a gestione familiare. Poi ha avuto il suo percorso di studi: ha studiato giurisprudenza a Siena, ha colmato le carenze economiche alla Bocconi a Milano e ha un’esperienza alla Loyola di Chicago. Rientrato nel 2000 e si è occupato in maniera attiva dell’impresa. Poi, nel 2003, c’è stato il passaggio generazionale, ed è diventato Amministratore delegato di un’impresa che, comunque, è composta da 11 soci e che era, all’epoca, alle sue prime grandi iniziative. Come il Museo della liquirizia, ad esempio, che è stato inaugurato nel 2001.
Perché un Museo della liquirizia?
Il Museo nasce per la necessità di dover raccontare una storia economia calabrese totalmente inedita. Oggi pensare di parlare d’industrializzazione della Calabria, nel Settecento, sembra quasi assurdo. Quasi incredibile. Invece, l’industrializzazione c’era. La Calabria era il polo produttivo del Regno delle due Sicilie. Tutto per l’abbondanza di legno presente. Poi, contemporaneamente, si sviluppa l’industria della liquirizia. E noi dovevamo raccontare tutto questo. Dovevamo raccontare una Calabria produttiva. Così, nasce anche un modo nuovo di dialogare con i clienti. Attualemente chi viene a visitarlo, spesso scrive su Tripadvisor che “ha finalmente visitato al tempio della liquirizia”. E questo non può farci che piacere!
C’è concorrenza in questo mercato?
Noi non abbiamo competitor diretti. Certo, ci sono altre aziende che producono liquirizia, anche in Calabria. Ma la filosofia di marketing che abbiamo sposato ci ha portato in una fascia che è, diciamo così, molto protetta. Siamo diventati “sinonimo” di liquirizia in Italia e, potrei dire, anche nel mondo. Oggi come oggi, sono ventuno i Paesi in cui arriviamo con il nostro prodotto. Paesi in cui ci sono pochissimi produttori puri di liquirizia e dove esistono aziende che utilizzano dei nostri semilavorati per realizzare prodotti al gusto di liquirizia.
Ci fa qualche nome…
Siamo in tutt’Europa, in Nuova Zelanda, in Australia, negli Stati Uniti, in Brasile, in Canada, in Giappone. Un mercato molto importante è quello Nord europeo: Svezia e Finlandia, dove ci sono grandi consumatori di liquirizia. Così come nel mercato spagnolo.
Quindi, l’export è fondamentale per Amarelli?
Sì, è importantissimo. E forse rappresenta anche la via d’uscita da una crisi che ormai sembra insormontabile. Però, non è una cosa semplice da affrontare. Bisogna avere le capacità ed essere molto formati: non ci si improvvisa all’estero, anche perché si può incorrere spesso in problematiche di tipo normativo. È molto meglio per le aziende arrivarci in forma aggregata, attraverso dei consorzi, ad esempio. Anche perché da soli, nessuno, in genere, ha le capacità finanziarie per affrontare i mercati più difficili. In ogni caso, l’estero è quello sul quale gli imprenditori italiani dovrebbero puntare più di ogni altra cosa.
Il Governo cosa sta facendo per agevolarvi?
Al momento poco. So che ci sono tante iniziative, soprattutto da parte degli istituti preposti che, spesso, concedono facilitazioni sul credito, ma comunque sono molto frammentarie. Ci sono difficoltà a muoversi in queste galassie di agevolazioni, bandi, gestioni… Così come nella Comunicazione.
A proposito di Comunicazione, qual è il rapporto di Amarelli con le nuove tecnologie?
Beh, Internet ha una grande capacità. Quella di azzerare i passaggi intermedi, abbattere gli steccati. Quella che era la Comunicazione che rimaneva inglobata all’interno di una nazione, quando andava bene, oggi non c’è più. Oggi ci ritroviamo l’e-mail dell’indonesiano che ci ordina una confezione di liquirizia. E noi non siamo ancora presenti lì…
Grazie per il tempo concessoci.
Grazie a voi.