È legge di natura, ancor prima che di scienza, quella che impone ad ogni cosa di trasformarsi per poter vivere; ma quando il cambiamento porta alla sola sopravvivenza, allora trasformarsi resta uno sterile sforzo per non “morire”. In tutto questo l’unico dato certo che solo fa la differenza è una chiara identità d’origine che guidi la rotta.
Cosi, viene naturale e logico chiedersi quanto dell’identità d’origine di questo Paese sia stata tenuta in debito conto dall’Amministrazione attuale in quel percorso di continuità col passato che pure essa stessa si attribuisce.
Basta semplicemente una “finestra” panoramica ed un esteso lungomare per consegnare alla memoria dei posteri lo spirito pioneristico di quel gruppo di esuli veneziani che nei primi anni del 1900 creò il borgo marinaro di Cetraro tracciandone la specifica identità?! E viene anche il dubbio che i tanti lavori di riqualificazione urbana altro non facciano che aumentare lo squilibrio tra le diverse zone di quello che, di volta in volta, nel troppo filosofeggiare delle recenti Amministrazioni oggi è “polis” e ieri è stata “la mia città”.
Così, il borgo marinaro del Paese, che da sempre si è caratterizzato per le sue attitudini di complemento al Centro Storico ed alla zona Porto, oggi si presenta come un’ampia area stravolta nel suo progetto originario. Eppure, poco ci sarebbe voluto per bonificarlo e/o riqualificarlo. E se anche ciò che è sorto fosse meglio di ciò che c’era, quanto meno è discutibile nel gusto. D’altro canto, non può dirsi che si sia seguita la logica della proporzionalità, dell’armonizzazione e neanche quella della funzionalità e della praticità, a tal ultimo proposito basti pensare all’inserimento di quelle enormi quanto inutili fontane o al piantamento di spoglie e costose palme piuttosto che di autoctoni ed ombreggianti pini marini.
Assieme al ricordo dell’identità a svanire è stato anche il ricordo dei facili parcheggi, di quella piazzetta accogliente e luogo di incontro, ben protetto dai venti di mare e di terra, anche per chi lì consumava il tempo di ricreazione all’uscita dalla scuola Faini, antica “quinta” della piazza tristemente abbattuta a cancellazione della memoria. I tempi cambiano e, con essi anche il lessico. Il “paese” diventa “città”, la “piazza”, o l”agora” per usare un termine dal sapore antico, diventa in realtà un freddo “piazzale”. Al calore dei ricordi, che affonda le sue radici nella memoria di un’Identità perduta, è sopraggiunta la pseudo funzionalità di “slarghi” a breve distanza tra loro o l’enormità di un lungomare, forse unica nota lieta, che per non essere pura follia dovrebbe però rientrare in un progetto di revisione della viabilità.
E mentre si perde il senso delle origini e quello della misura le “grandi” opere avanzano ed i tanti “PICCOLI” problemi restano.
Si può essere ricordati per il fare ma anche per il dis-fare; c’è chi crea e chi invece distrugge. La storia insegna: ai posteri l’ardua sentenza. Qualcuno però ha scritto anche: “Non voglio diventare immortale grazie alle mie opere. Voglio riuscirci senza morire”.
Ecco a noi piacerebbe augurare ai nostri amministratori, veterani e non, di essere ricordati, prima che dai posteri per la costruzione delle “grandi opere”, dai contemporanei per la risoluzione anche dei piccoli problemi.
Associazione “Partecipazione Attiva”
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