Quando, nel 1984, il compianto amico don Francesco Russo, il maggiore ricercatore calabrese, mi fece omaggio, nel suo studio di Corso Rinascimento in Roma, di una delle ultime copie di un suo libro, “Scritti storici calabresi , Cam Napoli 1957”, rimasi colpito da una sua affermazione, contenuta a pag. 239, che sintetizzo così: “…lo storico, che si proponga di fare opera seria, scientifica, coscienziosa, ha l’obbligo di verificare o rettificare e di non credere ciecamente negli scrittori che lo hanno preceduto”.
Sono pochi gli studiosi che applicano quella metodologia corretta, a cui sembra voler alludere padre Russo; inoltre, tanti, pur attingendo a piene mani dalle opere altrui, credono di conferire originalità ai propri lavori, giungendo volutamente a conclusioni differenti da quelle degli autori di cui si sono serviti.
Nella mia presentazione scritta al libro Malvito in Alta Valle dell’Esaro, del prof. Felice Arcidiacono, nel 2010, affermavo: “…scrivere sulla storia locale, soprattutto laddove si può contare sull’appoggio politico e sul contributo delle istituzioni, è diventato una mania e non importa se si ripetono notizie e concetti già noti da tempo. Un mio amico scriveva che, per tanti, la cosa importante è vedere il proprio nome stampato su un mucchio di carte”.
Trascrivo altre notizie sul Borgo S. Marco riportate nel mio lavoro Cetraro un occhio sul passato che conta” (2004), pagine 98-99:
“Da L’Aurora, datato 10 novembre 1910, apprendiamo: “…i lavori di costruzione – del Borgo – sono ormai al completo e la festa inaugurale, tanto attesa e tanto perseguitata dal fato, non avrà più luogo, ovvero si è già svolta a Roma in Montecitorio… Colà l’impresa costruttrice ha creduto convocare il Comitato esecutivo per consegnare alla sagace direttiva di esso, bello e finito, il nostro borgo S. Marco, che è ora la speranza più promettente della cittadinanza!”.
“Il giornale sopra citato fin da giugno contrappose a Cetraro Nova le sue tesi, che venivano serenamente riepilogate nel n. 6, del 14 settembre. Esse erano a favore della scuola di pesca e contro la peripatetica cattedra di agricoltura. Il Borgo costituiva una solida speranza, perché S. E. Luzzatti e S. E. De Seta avevano assicurato, tramite l’ing. Ravà, l’istituzione di una scuola regionale di pesca, che prevedeva degli istruttori tecnico-pratici per l’insegnamento alla classe marinara, la erezione di una apposita scogliera, ossia di un molo, e la fornitura di attrezzature”.
“Il lucido Militerni esprimeva il suo disappunto circa il tentativo di favorire l’arrivo a Cetraro di immigrati: “E allorché sento si vorrebbe favorire nel nostro paese…una qualsiasi colonia d’immigrati, perché trovi nella nostra spiaggia quei fattori industriali che offrono le sterminate e doviziose terre del Fuoco… non posso che restarne grandemente sorpreso…”. “L’industrializzazione del borgo come la intende Cetraro Nova non potrà mai essere il lievito per il pane del nostro proletariato…”.
“La richiesta di Cetraro Nova non rientrava nel progetto del Comitato Veneto Trentino che era corso “in aiuto del nostro indigente per dargli quel tetto che non ha…!”. “E per conto nostro la polemica è chiusa”. “Nel numero successivo del 10 novembre 1910, L’Aurora ci dà informazioni precise sui pescatori apprese dal “delegato di porto, Achille De Caro”. Don Achille, “il riformatore della classe marinara”, intervistato, aveva dichiarato quanto segue: “…i marinai…aspettano con ansia il giorno, in cui, possono andare ad abitare il grazioso borgo e imprendere con amore l’insegnamento pratico della pesca”. La notizia sopra riportata veniva confermata dal dott. Giuseppe Panfili, membro del Comitato esecutivo del Borgo, il quale precisava inoltre che le domande per le abitazioni e quindi per la scuola ascendevano a 47.
Possiamo assicurare il lettore che gli operosi pescatori erano oltre quaranta e formavano cinque o sei ciurme dirette dai capibarca: Francesco Bellomusto, Raffaele Bellomusto, Giuseppe Bellomusto, Picarelli Giovanni, Iozzi Saverio ed altri.
La vitalità della nostra classe marinara e l’incidenza sull’economia del paese si rilevano in modo chiaro da una vertenza daziaria oggetto di un’aspra lite tra il nostro Comune e l’appaltatore Francesco D’Alessandro di Dipignano. Il contratto del Comune con l’agente daziario stabiliva “che il dazio gravitava sull’intero pesce” pescato nella nostra marina ed invece i “nocchieri”, “per sfuggire all’applicazione del dazio locale, eseguivano la vendita del pesce fresco nei Comuni limitrofi”, causando forti danni economici all’agente daziario.
Il D’Alessandro si rivolse al Tribunale di Cosenza contro il nostro Comune e i pescatori furono costretti a un lungo periodo di sciopero, “privando così il paese di pesce fresco, tanto necessario, essendo considerato qui genere di prima necessità”. I rappresentanti del nostro Comune cercarono di mediare e si trovò una risoluzione alla questione. Nella delibera n. 11, del 5 febbraio 1910, è detto che il Comune abbonava all’appaltatore lire seicento su un totale di lire 9025 (ivi compresi altri generi) e come corrispettivo i nocchieri potevano vendere il pesce fresco “in altri Comuni od a rivenditori forestieri” “solo in caso di pesca abbondante”.
Dalle notizie sopra riportate, il lettore si rende conto che Attilio De Caro, in cerca di spazio politico, non diceva il vero quando affermava che, a causa dell’emigrazione, “la nostra classe marinara” costituiva “un piccolo mondo esausto e inerte, di vecchi, di donne e di fanciulli”. Epigoni del De Caro, ancora oggi, sostengono che la classe dei pescatori di Cetraro “si riduceva ormai a pochi elementi attivi”. Lettori, giudicate voi.
Gli ostinati difensori di Cetraro Nova non hanno cambiato parere nemmeno dopo la pubblicazione dell’articolo “21 Agosto 1928: un’impresa che ci interessa”.
Lido Picarelli, utilmente, in detto articolo, pubblicato sul giornalino La Pro Loco, Gennaio – Marzo 2011, riportava il resoconto di una crociera a remi da Torino a Roma, via Po, Adriatico, Jonio, Tirreno, Tevere, con tappa a Cetraro, della Reale Società Canottieri Cerea”: “…alle ore 20,15 – del 21 agosto 1928 – giungiamo a Cetraro. La cui marina non ha altro rifugio che la distesa di spiaggia, sulla quale sono innumerevoli barche da pesca allineate, pronte per il varo che le porterà al lavoro notturno. Vicino ad esse i pescatori accudiscono l’ultima toeletta e le coprono di reti e le forniscono di forti lumi a gas. I ragazzi danno il sego all’incavo delle palanche, il primitivo scalo dove tra poco saranno fatti scivolare, spinti dalle robuste braccia dei giovani ed alla voce del padrone di barca, gli scafi dalla grossa pancia a prova di tempesta.
Questa laboriosa e forte gente si raduna al nostro arrivo in gruppo policromo e caratteristico; dieci mano agguantano, sicure, il capo della sagola che loro gettiamo e sono rapide e precise alla manovra come è loro abitudine: ché nell’agilità e nella sapienza del nodo d’ormeggio spesso è la sicurezza della manovra. Il che rivela la lunga pratica al pericolo che rende pronta e veglia la gente di mare, pur se l’apparenza cela l’agile virtù e l’esteriore scorza dura, propria del marinaio dalla buffa e pesante andatura del corpo quadrato sulle gambe incurvate, andatura ch’è simile al rullio della nave!”.
Le innumerevoli barche da pesca allineate sulla sterminata spiaggia, i numerosi agili pescatori, dotati di lunga pratica, nel 1928, erano sorti dal nulla, forse venuti da Marte. Non ha tutti i torti Tommaso Cesareo quando afferma che Cetraro è un paese strano. Lo rendono strano coloro che rifiutano di accettare la verità. Essi sono una minoranza, ma costituiscono una minoranza rumorosa e potente.
Nel mio lavoro Cetraro e il Tirreno – Storia dei marinari e della pesca (Ferrari editore, 2012, p. 79) confermo, con dati anagrafici alla mano, quanto già altre volte avevo detto, ossia che, nel decennio 1910-19, nel nostro paese, nonostante l’emigrazione verso Montevideo, vi erano oltre 40 pescatori.
“E’ vero che i cetraresi, in quel tempo e per ragioni di lavoro, si recavano in Uruguay, ma con la viva intenzione di restarvi pochi anni e di ritornare in Patria con qualche lira. Ecco i nomi di alcuni nati a Montevideo: Giuseppe Ferraro (1902), di Agostino, pescatore, e di Teresa Bianco; Francesco Ferraro (1903), di Ferdinando pescatore e di Rosa Cosentino; Carmela Piazza (1903) e Lauretta Piazza (1905), di Federico (n. il 1876), pescatore, e di Carmela Bianco; Angelina Iozzi (1906), di Agostino, pescatore, e di Teresa Losardo; Bellomusto Maria (1907- Cetraro 1913), di Michele, pescatore, e di Concetta Tricarico; Michele (1903) e Concetta Ferraro (1906), di Salvatore, pescatore, e di Emilia Esposito.
Tutti i pescatori citati, nel 1907-9, erano già a Cetraro. Mauro Francesco, pescatore, marito di Annina Policicchio e padre di Candida Mauro nata a Montevideo il 1902, ritorna a Cetraro dopo il 1815; forse, aveva effettuato un primo ritorno nel 1907-9. La stessa cosa si può dire per un Agostino Quercia, pescatore, anni 40, nel 1915.
Riporto i nomi di alcuni giovani marinai comparsi, nel decennio 1910-19, davanti all’Ufficiale d’anagrafe come dichiaranti della nascita dei figli o come testimoni: De Pasqua Domenico, De Pasqua Giovanni (anni 41 nel 1910), Maritato Luigi (anni 26 nel 1910), Ferraro Agostino di Angelo (anni 42 nel 1910, anni 40 nel 1911), Esposito Nicola (anni 40 e 42 nel 1910), Iozzi Pasquale (anni 26 e 28 nel 1910), Esposito Salvatore (anni 23 nel 1910), Santamariadimare Domenico (a. 22 nel 1916, anni 32 nel 1919), Bellomusto Leopoldo (padre di una bambina nel 1910), Losardo Giuseppe (anni 24 nel 1910), Bellomusto Francesco (anni 40 e 41 nel 1910), Le Rose Carlo (anni 22 nel 1911), Bellomusto Raffaele (anni 40 nel 1911), Tricarico Salvatore, Maritato Giuseppe (anni 26 nel 1910, anni 24 nel 1911), Tricarico Angelo (anni 32 nel 1911), Piazza Federico ( nato il 1876), Picarella Raffaele (anni 40 nel 1912, anni 51 nel 1915), Antonio Tricarico (anni 26 nel 1912), Occhiuzzi Francesco (anni 38 nel 1912), Bellomusto Salvatore (anni 39 nel 1912), Iozzi Giuseppe (nato il 1887), Salvatore Iozzi (nato il 1890), Iozzi Michele (nato il 1994), Bellomusto Giuseppe (anni 50 nel 1914), Raffaele Maritato (anni 40 nel 1914), Tricarico Serafino (anni 50 nel 1913), Ferraro Agostino fu Giovanni (anni 50 nel 1914 e nel 1916), Ferraro Angelo (anni 50 nel 1914), Picarella Filippo (anni 43 nel 1916), De Pasqua Antonio (anni 27 nel 1916), Esposito Giuseppe Benedetto, Picarella Angelo (anni 40 nel 1918), Bellomusto Pasquale (anni 51 nel 1818), Tricarico Benedetto (anni 52 nel 1915), Esposito Angelo (anni 30 nel 1818), Iozzi Saverio (nato il 1962), Picarelli Biase (anni 36 nel 1919), Bellomusto Francesco (anni 33 nel 1819), Mauro Francesco (anni 32 nel 1915), Ferraro Salvatore, Martilotta Angelo (anni 33 nel 1920), Esposito Ronzino (anni 40 nel 1920), Maritato Vito, Giuseppe Picarelli, Buglione Ercole, Portadibasso Ciro, Portadibasso Giuseppe, Portadibasso Francesco, Salineto Raffaele, Esposito Ferdinando, Esposito Angelo (anni 30 nel 1918), Cosentino Giovanni, Maritato Ciro, Eugenio Bellomusto, Eugenio Savonese, Vincenzo Tricarico, Donadio Aldo.
Ecco i nomi dei pescatori, nello stesso periodo, con età superiore ad anni 50: Tricarico Fedele (anni 68 nel 1911), Martilotta Angelo (anni 66 nel 1911, anni 70 nel 1915), Pepe Antonio (anni 66 nel 1910, anni 62 nel 1911), Tricarico Serafino (anni 53 nel 1911), De Pasqua Giuseppe (anni 65 nel 1911), Esposito Luigi (anni 70 nel 1911, anni 60 nel 1917), Ferraro Angelo (anni 70 nel 1911), Iozzi Raffaele (anni 81 nel 1912), Bellomusto Giuseppe (anni 62 nel 1913, anni 66 nel 1918), Picarelli Giovanni (anni 53 nel 1913), Ferraro Angelo (anni 50 nel 1914), Bellomusto Serafino (morto il 1914, anni 76), Tricarico Giovanni (anni 72 nel 1914), Bellomusto Antonio (anni 70 nel 1914), Francesco Ferraro (anni 70 nel 1915), Martilotta Agostino (anni 60 e 62 nel 1916, anni 66 nel 1917), Cosentino Giuseppe (anni 60 nel 1916), Bellomusto Luigi (anni 85 nel 1917), Ferraro Benedetto (anni 88 nel 1917), Bufanio Giovanni (anni 60 nel 1917), Bellomusto Angelo (anni 74 nel 1918), Martilotta Serafino (anni 89 nel 1919), De Pasqua Filippo (anni 80 nel 1919), Bellomusto Pasquale (anni 60 nel 1919), Bianco Vincenzo.
Negli Anni Quaranta, ho conosciuto, direttamente o indirettamente, molti vecchi pescatori, giovanissimi nel 1910. Inoltre, da mia madre Piazza Carmela, nata a Montevideo il 1903, avevo appreso che, mentre il borgo era in costruzione, la sua famiglia, assieme ad altre famiglie cetraresi, era ritornata dall’America. Ho cercato disperatamente di far luce su quella vicenda, ma i risultati delle mie ricerche, basati su documenti inoppugnabili, non sono piaciuti agli epigoni di Cetraro Nova, successori politici dei vecchi comandanti, e così, in occasione dei festeggiamenti del centenario (2011) della nascita del villaggio, chi scrive – come ho precisato sul blog Rosso Cetraro, nel 2012 – non è stato invitato. Il sindaco e i suoi assessori, forse, non volevano un dibattito aperto e democratico, dal quale uscisse ancora più forte la verità storica.
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