Oggi voglio raccontarvi una storia, un episodio seccante che ha come ambientazione Cetraro e come protagonista il sottoscritto. È qualcosa che potrebbe capitare a tutti. O che forse, vi è già capitata, ma che – in ogni caso – vi lascerà con una morale, il dover accettare come veritiero il proverbio “l’apparenza inganna” o, se preferite, “niente è come appare”. Quindi, se avete un po’ di pazienza, mettetevi comodi e leggetela. Potrebbe esservi utile!
Partiamo dall’inizio…
Qualche settimana fa sono andato alle poste. E per la precisione all’ufficio postale di Cetraro marina. Dovevo fare una piccolissima commissione, una cosa che faccio spesso: ricaricare la mia carta PostePay di 150 euro. Avevo delle spesucce da fare e, visto che si trattava di commissioni via Web e io per questo genere di attività uso solo prepagate, ho deciso di ricaricare la carta delle poste. Così, dopo un po’ di fila, passata come al solito a salutare gente che non vedo da tempo (chissà perché, poi, la ritrovo sempre in coda alle poste? :-)), arriva il mio turno. Consegno i soldini all’impiegata, firmo l’attestazione del versamento, prendo la ricevuta e torno a casa.
Dopo pranzo, arriva il momento di comprare un oggettino su eBay e rinnovare un dominio di un sito. Mi collego e procedo. Sorpresa! Appare un messaggio: “Lei non ha fondi sufficienti per questa operazione”. Mah, impossibile, penso. Riprovo. Stesso messaggio. Eccoli, arrivano sono i primi dubbi. Mi collego sul sito delle poste e… seconda sorpresa: il mio saldo è di 8,49 euro. Controllo l’orario: 13.58. Che si fa? Dove sono i miei soldi? Il primo pensiero: non sono ancora arrivati. Impossibile. La ricarica è immediata. Allora che è successo? Frugo nelle tasche del giubbotto e ritrovo la ricevuta. Sembra tutto ok. Devo parlare con quelli delle poste… Controllo di nuovo l’ora: 14.10. È troppo tardi, se ne riparla tra qualche giorno. Domani lavoro, quindi…
Passata l’incazzatura (scusatemi per il termine) per non aver potuto fare le mie cose online, e passati anche due o tre giorni di lavoro, torno alle poste. Sono deciso: adesso vado lì e reclamo con forza. Ora mi sentono. Rivoglio i miei soldi. Avranno sicuramente sbagliato! Non me ne andrò di lì senza i miei 150 euro…
Entro. Determinato. Prendo il numerino e aspetto. Ritrovo un vecchio amico (come al solito). Arriva il mio turno, lo saluto e mi avvicino allo sportello. Poggio la ricevuta sul banco. Di fronte a me c’è la stessa impiegata della prima volta. Espongo il problema gentilmente, come sono abituato a fare, ma già sono pronto a contrattaccare. «Controlliamo subito» mi fa. E prima che potessi aggiungere altro mi dice: «E sì è vero, ho sbagliato a digitare il numero della PostePay», mi invita a guardare per bene sulla ricevuta. «I soldi li ho accreditati a questa persona». «Ma anche tu hai sbagliato» aggiunge. «Hai firmato la ricevuta senza guardare il nome del beneficiario». Non posso obiettare nulla. Ha ragione. La colpa è sua, ma è anche mia. Cosa che mi conferma anche lei. «L’unica soluzione…» mi fa, dopo aver spulciato i documenti del versamento «è rintracciare la persona che ha ricevuto i tuoi soldi è chiederle, gentilmente, di rimandarteli, altrimenti, ci divederemo il danno. Alla fine – mi dice – il 50% della colpa è tua e l’altro 50% è mia».
Ci diamo appuntamento al giorno dopo. Lei chiamerà il numero verde che si contatta in questi casi, io – l’ho già in mente ma non le dico nulla – farò le mie ricerche…
Non lascio passare nemmeno un’ora. Torno a casa. Mi chiudo in camera mia e metto in moto il portatile. Comincia la ricerca. Ho a mia disposizione solo un nome stampato sulla ricevuta e una provincia: Pesaro-Urbino. Controllo su Google, poi su Facebook e setaccio LinkedIn. Leggo e appunto nomi e indirizzi. Controllo sulle Pagine bianche. Piano piano salta fuori qualcosa. Il cerchio si stringe (come in un giallo). Prima, ho 8 nominativi. Poi 5. 3. 1. Eccola, deve essere lei che ha i miei soldi. Non ci metto molto. Più o meno mezz’oretta e ho individuato la persona che, per sbaglio, ha ricevuto i 150 euro. Potrei fare l’investigatore privato, penso. Mi sento come Sherlock Holmes. Sorrido come uno stupido tra me e me…
Si tratta di una giovane ragazza di un paesino in provincia di Pesaro. Non vi dico il nome per ovvi motivi, ma la contatto su Facebook. Le mando un messaggio spiegandole la situazione e sperando che sia una persona onesta e mi restituisca il denaro. In fondo sono sempre 150 euro!
Le chiedo anche l’amicizia. Ma non c’è nulla da fare. Non risponde. Passa qualche ora. Riprovo con un altro messaggino. Nulla. Chiedo di nuovo l’amicizia, perché la prima volta non l’ha accettata. Il che mi fa pensare che abbia letto il messaggio e che non abbia tanta voglia di restituirmi i 150. Le invio un terzo messaggio e poi mi fermo. Non voglio importunarla troppo. Alla fine non mi conosce e non ha nessuna colpa. Anzi, a dire il vero, non sono nemmeno sicuro al cento per cento che abbia lei i miei soldi. Così, le chiedo nuovamente l’amicizia (anche la seconda volta non l’aveva accettata) e mi fermo per davvero. Se non risponde, le poste mi daranno – credo – la metà della somma. Alla fine, ho sbagliato anche io a non controllare la ricevuta ed è giusto che paghi. Certo – penso ancora – sarà una disonesta. Ha visto accreditarsi 150 euro come se nulla fosse. Perché dovrebbe restituirmeli?!
Il giorno dopo torno alle poste. Ho l’umore giù: 150 sono sempre 150. L’impiegata mi chiede subito se, per caso, avessi rintracciato la persona per conto mio. Non è stupida. E io, un po’ amareggiato, le dico tutta la verità. Tuttavia, lei mi fa capire che c’è ancora un’ultima speranza. Si alza e va nell’ufficio che sta alle sue spalle. Chiama la direttrice e le racconta l’accaduto. La direttrice si mette al telefono e, dopo un po’, sim sala bim, la ragazza in questione risponde.
Aspetto e quando l’impiegata torna mi racconta che, tramite l’ufficio postale del paese di residenza, erano riuscite a trovare il numero della ragazza. Dice che vuole controllare che effettivamente i soldi ci siano e che non si tratti di una bufala o di qualcuno che cerchi di fregarla. Giusto, penso. E dice anche che è disposta a restituire tutto, ma durante la settimana lavora e che ora ha il bambino con la febbre e non può muoversi da casa. È una giovane mamma. Può fare il versamento solo di mercoledì mattina. Cosa che farà, dopo aver controllato il saldo della sua PostePay, la settimana prossima.
Sono rincuorato. Forse ho recuperato i 150. E ho imparato anche una lezione. Certo, non capita spesso che ci siano degli errori così. Io ho ricaricato la PostePay centinaia di volte e non è mai successo nulla. Ma, può capitare, siamo umani, e quindi è sempre meglio controllare! E gli impiegati delle poste, non sono tutti scontrosi e inefficienti, e non è vero che perdono tempo e non sanno lavorare. Io credo che sia come in tutte le cose: ci sono quelli bravi e quelli no.
Ah dimenticavo, la ragazza al telefono ha anche detto un’altra cosa all’impiegata delle poste: “Diteglielo a quello che mi accreditato i soldi di non richiedermi più l’amicizia su Facebook perché non gliela do. Non lo conosco!”. 🙂
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P.S. Ho scritto questa storia sabato scorso, dopo essere tornato dalle poste. Oggi, è venerdì 27. Mercoledì sera ho controllato il saldo della mia PostePay e i soldi non c’erano ancora. Cominciavo a pensare che mi fossi sbagliato di nuovo e che la morale dovesse essere “fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio”. Ma poi ieri mi è arrivata una chiamata proprio dalla ragazza in questione: voleva rassicurarmi che presto farà il versamento. To be continued? Spero di no… 🙂
P.P.S. Questa mattina (sabato 28.02.2015) sono tornato alle poste. Per altre faccende: dovevo pagare delle bollette. Naturalmente ho chiesto anche un estratto conto della mia carta PostePay per controllare. Beh, i miei 150 euro ci sono. Grazie a chi me li ha restituiti e alle impiegate delle poste. Sono state gentilissime e cortesi.