Riceviamo e pubblichiamo una e-mail inviataci dal Prof. Mario Braile che ringraziamo per i complimenti e, soprattutto, per la preziosa collaborazione.
«Spettabile Redazione di Cetraro in Rete,
In libreria, stamane, mi è capitato tra le mani un opuscolo dal titolo “1910: nasce il Borgo S. Marco”, facente parte di una cosiddetta Collana ideata e coordinata da Lido Picarelli e di recentissima divulgazione.
Poiché sono un avido lettore di tutto ciò che è letteratura riguardante Cetraro, non ho esitato a venirne in possesso, aggiungendolo a tutta la serie di scritti su questa città che occupano metà scaffale della mia personale libreria domestica.
E poiché desidero in merito esternare qualche commento, trattandosi di materia di “roba nostra”, ho pensato di inviare il presente scritto a “Cetraro in Rete” che, ormai, è diventata l’arena del dibattito socio-politico-culturale di questa città. Mi auguro che il blog “Cetraroinrete” cresca sempre di più ma auguro, soprattutto, che tanti più cittadini si accostino alla sua internavigazione: sarebbe il segno di una crescita culturale per tutti.
Al di là dei commenti o della critica relativi ai contenuti espressi nell’opuscolo, sento il dovere di rimarcare il mio disappunto su certi passaggi del libretto, ove l’autore parla dei primi insediamenti urbani della Marina e, in particolare, del palazzo Lucibello nato poco tempo dopo e successivo alla inaugurazione del Borgo San Marco e che, secondo l’autore del manoscritto, viene definito un “casermone e un muraglione da carcere di massima sicurezza che non solo fa diventare un sentiero la dapprima larga strada sotto la ferrovia, tanto che circolarvi è da brividi, ma… “ (ecc, ecc, pag. 2 e 3). E poi ancora sullo stesso argomento, a pag.19, continua “… perché non se la prende con il casermone di quaranta metri di fronte di Lucibello che sbarrava impudentemente l’estetica ?…”.
Emerge, ancora, che lo stesso concetto il Nostro lo ha ripreso anche nel suo precedente saggio “Ricordi della mia infanzia a Cetraro” come si legge a pag. 155-156, laddove, ancora una volta si scaglia velenosamente nei confronti di Lucibello ( “…la casa di Lucibello, che tagliò l’ordine di quelle vie tipiche… con un caseggiato messo di traverso, senza né capo né coda, mai finito, che sconvolse la simmetria di quelle vie e di quelle casette”, definendo la costruzione, che pure aveva un suo stile architettonico, ancora una volta “il casermone di Lucibello”.
Fatte tali premesse, devo dire che, in qualità di familiare acquisito della “dinastia” Lucibello, che ebbe nel benemerito Cav. Francesco Paolo Lucibello un pioniere della nascente industria in questo paese, avendo portato in queste contrade le prime forme di sviluppo economico, al pari di altri “esploratori” di quel tempo, sento rivoltare lo stomaco di fronte alle discrepanze riportate nei suoi scritti dall’esimio letterato che, in alcuni passi delle sue opere, evidenzia macroscopiche inesattezze.
E mi riferisco, in primis, alle notizie riportate in “Calzoni Corti” a pag. 155 quando parla della costruzione del Borgo che “…risale a poco tempo dopo il terremoto di Messina del 28 dicembre del 1908 e che iniziato nel 1909, fu inaugurato il 18 settembre del 1911”.
Sbaglia l’esimio pubblicista, perché i fatti si riferiscono al terremoto del 1905 e non a quello del 1908 e perché il Borgo fu inaugurato il 18 settembre del 1910 e non 1911… Di ciò è conferma, tra l’altro, nel Quaderno 2, così come intitolato all’inizio di queste note. E’ giustificabile un tale abbaglio da parte di un luminare che si definisce giornalista professionista e che vanta nei suoi curricula innumerevoli recensioni?
E veniamo ora alle più recenti inesattezze storiche riportate dal coordinatore della Collana. Quando asserisce che il deprecabile muraglione da carcere (ossia il palazzo Lucibello) fa “diventare un sentiero la dapprima larga strada sotto la ferrovia”, raggiunge il massimo della disinformazione. Ed è tanto per uno storico! Vorrei ricordare, io che non sono cetrarese, che tra la costruzione Lucibello e la ferrovia non c’era alcuna strada poi ridotta a sentiero, ma da lì iniziava solo una scarpata che, in maniera vertiginosa, risaliva fino all’unico binario allora esistente e distante, in linea d’aria, una trentina di metri.
Se osserviamo le altre costruzioni che si defilano verso Nord (come il vetusto palazzo ex-Marini e le stesse Palazzine ferroviarie), notiamo che i loro confini proseguono diritti sulla stessa linea del tanto vituperato Palazzo Lucibello.
Forse non ricorda lo storico che l’attuale via Veneto è nata solo successivamente e che se oggi è tanto stretta è solo perché le Ferrovie dello Stato si sono progressivamente avvicinate alle case dall’originario primo binario, “rubando” di volta in volta terreno al Borgo con la costruzione del secondo, del terzo e del quarto binario? Uno che ha portato i “calzoni corti”, dovrebbe saperle queste cose!
Vorrei ricordare, inoltre, che la Colonia San Benedetto e il Palazzo Lucibello, costruiti di traverso, quest’ultimo in particolare su terreno proprio e con soldi propri, avevano una ragion d’essere poiché suggellavano un piccolo Borgo ormai definito nei suoi confini, senza pretese espansionistiche su territori confinanti, malsani, acquitrinosi e selvaggi, così come selvaggia è stata poi l’espansione edilizia a monte del rilevato ferroviario…
Perché non si guarda agli altri obbrobri della Marina e ai casali costruiti in varie località sulla battigia del mare, “molti” dei quali sul suolo demaniale?
Tanto volevo chiarire e precisare, per non sentirmi rivoltare dentro…
Con stima.
Prof. Mario Braile»
p.s. vi ricordiamo che chiunque volesse intervenire sugli argomenti pubblicati su Cetraro In Rete, è libero di farlo lasciando un commento (possibilmente con nome e cognome) o inviando una mail a info@cetraroinrete.it.
La Redazione