Riportiamo la recensione che il Centro Sociale Anziani di Cetraro ha da poco pubblicato, sul suo blog ufficiale (centroanzianicetraro.blogspot.it), del libro del compianto prof. Luigi Leporini “In Cammino“ ad opera della professoressa Rosa Randazzo. Recensione che, la stessa professoressa, ha letto durante la serata tenutasi a Palazzo del Trono il 16 ottobre scorso. Una serata che, noi di CiR, avevamo documentato con una serie di foto pubblicate nel post dal titolo Un anno senza Luigi Leporini: esce “In cammino”. Le foto.
“Questa sera l’emozione ha preso un po’ tutti. Sono emozionata ma anche lieta di essere qui. Sento molto la responsabilità del compito che Gino Leporini prima di morire mi ha affidato: presentare il libro che stava scrivendo. Nessuno ancora sapeva che era l’ultimo. Me lo ha chiesto con la sua consueta gentilezza e delicatezza. La presentazione che leggerete nel volume è quella che lui ha letto poco prima del suo decesso.
Ho scritto la recensione di molti dei suoi libri, senza che lui me lo avesse chiesto. I suoi libri sono stati il terreno d’incontro tra noi, perché rispondevano ad una mia esigenza personale: conoscere la vita dei cetraresi prima del mio arrivo, le tradizioni, il senso delle feste, dei modi di dire, di tutte quelle tradizioni che lasciano trasparire il cuore delle persone che in un luogo vivono.
Con In cammino, ha allargato i suoi orizzonti. Parla dell’Uomo in cammino o meglio del cristiano in cammino.
Snoda in quattro tappe un unico racconto. Il racconto, nello stile proprio della narrazione diacronaca, di un cammino, che è cammino particolare. E’ cammino di fede e meditazione orante che impegna il cuore spirituale.
Come dice l’autore “il cammino intrapreso … non è soltanto, quello materiale, cadenzato dai passi sulla nuda terra, bensì quello interiore, che implica, generalmente, una catarsi permanente di cui si beneficia per tutta la vita”.
E’ una particolare e vera esperienza di fede che, vissuta, può e deve essere comunicata .
E’ questa urgenza che lo ha spinto a scrivere questo volume. “Non ho scritto per avere, ma nel tentativo ambizioso di dare,raccontando e riflettendo, anche una sola briciola di utilità”.
Raccontare “ una esperienza toccante”, cito testualmente, da condividere pur attraverso “la pochezza della parola”.
Nella sua prefazione invita il lettore a camminare con lui. “Fai qualche passo con me. Accompagnami per un tratto di strada”.
Noi qui questa sera camminiamo con lui per le vie d’Europa. Con lui partiamo dal profondo sud dell’Italia, vi ritorniamo, passando attraverso le sponde del Tago, da Lisbona a Fatima e Coimbra, a Santiago de Compostela, a Lourdes e giù in Bosnia Erzegovina, sulla collina di Medjugorje.
Sono luoghi in cui Dio, mediante la Madre sua o i santi, continua ad intervenire operando miracoli. Luoghi in cui “schiere interminabili di pellegrini vanno a deporre le loro sofferenze e speranze dinanzi all’immagine della Regina della Pace” . Luoghi sacri, anche se su Medjugorie”, afferma, “questo luogo mistico di pace, pende il giudizio del Magistero ecclesiale”.
L’autore non nasconde l’umano desiderio di assistere in questi luoghi ad eventi miracolosi. In realtà assiste a fenomeni che lo hanno lasciato stupito e che racconta con molta delicatezza. Lungi da lui l’idea di azzardare ipotesi o influenzare i lettori.
Quello di cui è certo, dice, che da questi luoghi non si torna come si è partiti, ma con l’animo rigenerato.
C’è un miracolo di cui è stato parte, è, quando a sera, sulla spianata della Basilica di Lourdes in un tripudio di canti e preghiere, partecipa alla fiaccolata sul piazzale dell’Incoronata, “una processione di mille luci che si snoda lentamente, al seguito della statua della Vergine. Sentirsi, in quei momenti, infinitamente piccoli, quasi nullità disperse nell’infinito, che vivono un attimo di eternità e avvertire la presenza di un’Entità che sovrasta il tempo e lo spazio”.
E poi a Medjugorje, in attesa dell’apparizione a Miriana, “gruppi di fedeli innalzano qua e là preghiere e inni ciascuno in una lingua e con accenti diversi, tutti rivolti verso la Madre comune”.
L’uomo in cammino si accosta con stupore al Mistero, all’Eterno ed ecco che il linguaggio diviene lirismo. Si intride di immagini e liriche descrizioni.
“Il Tago bacia le sponde della città di Lisbona prima di sfociare nell’oceano.
E la luce diffusa di una splendida luna piena … che accarezza dolcemente il paesaggio” saluta i pellegrini che da Lisbona si avviano verso Fatima.
L’ardita architettura della Basilica di Fatima si regge senza colonne “come appesa allo spazio celeste”. Ai lettori il compito di trovare altre liriche descrizioni.
Chiaramente quelli fatti dall’autore sono viaggi particolari, viaggi in senso biblico, viaggi intesi come metafora dell’esistenza umana, o meglio, pellegrinaggi. Hanno infatti tutte le peculiarità che connotano il pellegrinaggio.
Innanzitutto la meta: incontrare il volto del Signore. I pellegrini, tesi alla ricerca del volto di Dio, “ vanno pensosi … di cosa che non è presente”, per dirla con un verso di un sonetto dantesco. Questo il senso e la meta del pellegrinare.
I testi sacri sono percorsi dall’anelito dell’uomo che cerca Dio. Tutta la vita del cristiano è tesa alla ricerca del volto di Dio.
Oggi avrei voluto leggervi un salmo, invece leggo uno scritto che suor Cecilia Impera della Piccola Famiglia dell’Annunziata ha trovato in una grotta nei pressi della porta di Damasco a Gerusalemme, scritto forse da un eremita che lì era vissuto all’inizio del Novecento e che era attirato dal volto di Dio.
O Eterno, o Unico
mi affascina il tuo mistero nascosto,
mi attira il tuo volto di luce.
Qual è il sentiero della tua dimora splendente?
Dove sbocca il tuo torrente di luce?
Dove abiti, Tu, sole del mondo?
Dov’è la luce che hai diffuso sui nostri sentieri di morte?
Perché la tua dimora è avvolta di nubi
e il tuo volto è coperto di veli?
Inaccessibile Tu sei, invisibile.
L’amore solleverà il tuo velo, svelerà il tuo segreto?
La morte troverà il tuo sentiero, aprirà le tue porte?
Il pellegrino Luigi Leporini va in pellegrinaggio per disvelare il volto del Signore e contestualmente riscopre il senso profondo dei rapporti umani. Scopre che il varco per scorgere il volto di Dio è il fratello che ha bisogno, di cui io ho bisogno, lì dove io mi trovo, lì dove conduco giornalmente la mia vita. E’ la fraternità mistica, “che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano”, come afferma papa Francesco.
Alla fine del pellegrinaggio a Medjugorje, Leporini e i suoi fratelli nella fede si rimettono in cammino, o meglio, riprendono il cammino verso i più poveri, gli ultimi, i più bisognosi, “impegnati a seminare il bene nelle più diverse forme, nei loro rispettivi paesi d’origine”. Con una attenzione particolare verso quelle che papa Francesco chiame le “periferie esistenziali”.
Compagno di viaggio a Medjugorje è Gianluca Zenga, presidente dell’associazione Porta del cielo che opera in Italia e nel mondo, attraverso una rete di volontari, a favore di piccoli pazienti di varia nazionalità, affetti da gravi patologie.
Il pellegrino Gino nel suo andare non è accompagnato dal frastuono, come spesso accade nelle gite turistiche, ma “sofferma i suoi battiti, ferma incantato il respiro”, si lascia avvolgere dalla solitudine e dal silenzio, “un silenzio assoluto in cui sembra fermarsi perfino il respiro.”
Un silenzio che si fa preghiera. Un silenzio ricolmo di tanti momenti di colloquio con il Signore e la madre sua. A Medjugorje ai piedi della statua in marmo della Regina della Pace, nel posto in cui è apparsa ai veggenti, raggiunta con tanta fatica, data la sua avanzata giovinezza,come soleva dire, “persino il mormorio lieve della preghiera scompare e il pregare diventa assolutamente intimo, personale, in un silenzio assoluto, irreale che invade l’animo e leviga le pietre aguzze della collina”.
Anche la fatica fisica è un aspetto peculiare del pellegrinaggio.
Il pellegrino coniuga preghiera e curiosità intellettuale e coglie la bellezza del creato, specchio della bellezza dell’Ente supremo e della Madre sua e quella costruita dalle mani degli uomini.
Alla partenza per Fatima, come abbiamo già citato, “accarezza dolcemente il paesaggio la luce diffusa di una splendida luna piena, sorta da poco sulle colline. La stessa luna di casa nostra, che ammiriamo sempre dai nostri rispettivi paesi di origine ma che stasera ci fa sentire fruitori uniti e privilegiati di uno spettacolo che il Creatore elargisce per tutti gli uomini, in ogni parte del mondo a ricordare la comune origine e il comune destino”.
La vista dell’ampia spianata prospiciente la basilica di Lourdes “che spazia da una capo all’altro del nostro campo visivo, afferma, suscita un senso di nullità nell’animo mio e credo in quello di chiunque si accosti ad una realtà che ha del mistico e del surreale”.
Come recita il sottotitolo Viaggio attraverso realtà, tradizioni della cristianità e misteri, il pellegrino è attento alla realtà attuale, riporta tradizioni e riti della cristianità , il rito del Botafumeiro di cui spiega il senso, il racconto del ritrovamento del corpo di San Giacomo Maggiore e tanti altri, che scoprirete scorrendo il testo, e, da amante del buon cibo qual era, ci descrive anche le prelibatezze della cucina portoghese.
Adesso il credente Gino Leporini ha percorso il sentiero che porta a Dio , è a mensa con Lui, ha aperto le sue porte e si trova sepolto nel suo cuore , “come conchiglia affondata nell’immensità dell’oceano”, come recita un altro frammento, trovato da suor Cecilia e scritto da un eremita in una grotta al di là del mare, nei pressi della porta di Damasco.