Probabilmente, a Cetraro, il cognome Militerno risale alla fine del Cinquecento. Tuttavia, dalla mia incompleta ricerca, esso appare menzionato la prima volta il 26 febbraio 1635 quando Francesco Mellerno (sic, Militerno) ricevette i benefici dell’Annunziata (della porta a mare), di S. Zaccaria e di S. Tommaso (in Bolizaro) vacanti per la morte di Francesco Antonio Catalano. Francesco Militerno, dopo due anni, rinunciò ai benefici di dette chiese (F. Russo, Regesto Vaticano per la Calabria, vol. VI).
Nei Regesti dell’archivio di Leccisotti – Avagliano, ho incontrato il citato cognome una sola volta, nel 1697, quando Lucrezia Militerno sposò il suo consanguineo Tommaso Cerbello.
Nel catasto onciario (1741-43) si trovano due persone col cognome Militerno: Benedetto, speziale di medicina, e il sacerdote Giacchino Militerno. Nella ricerca di Vittorio Tripicchio sugli atti notarili del Settecento, vengono menzionati diversi esponenti della famiglia Militerno, tra cui il dottor fisico Giuseppe (1733) e i sindaci Antonio (1762-63) e Giuseppe nel 1798. Secondo il Tripicchio, nel Settecento, i Militerno, unitamente ai Bertino, rappresentarono l’ala reazionaria e conservatrice dell’università di Cetraro perché legati all’Abate, al “Feudatario Monastico”.
Negli ultimi decenni del Settecento, Barbara Militerno sposò Domenico Bertino. Dalla loro unione, attorno al 1798, nacque Raffaele Bertino che da giovane sposò sua cugina donna Raffaela Militerni.
Vincenzo Militerni, nato il 1788, nel catasto murattiano figura proprietario di 105 moggia di terreno con una rendita di 1472 ducati. Egli, tra gli anni 1822-25, risulta sindaco. Nel 1842 fece parte del collegio decurionale di Cetraro; nel 1843, con una rendita imponibile di 220 ducati, fece parte della lista dei candidati al Consiglio distrettuale; nel 1845, “essendo adorno di tutte le buone qualità”, venne confermato giudice conciliatore e nel 1853, come secondo eletto, svolse anche funzioni di sindaco. Il Militerni, da alcuni atti comunali degli anni 1841-43, risulta tra i maggiori produttori di seta. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, Maria Teresa Militerni sposò Antonio Signorelli, galantuomo e cancelliere comunale.
Nel 1815 nacque Militerni Giuseppe Luigi Maria di Vincenzo e di Vaccaro Caterina. Dalla stessa coppia di sposi ebbero i natali Militerni Angiolo Maria, nel 1818, e Militerni Luigi, nel 1820.
Nel 1830 morì D. Raffaele Bertini, sposo di sua cugina Donna Raffaela Militerni. Nel 1831 passò a vita migliore donna Tomasina Militerni, figlia di Luigi e di Teresa Ioselli e 1854, all’età di 66 anni, lasciò la vita terrena Vincenzo Militerni, galantuomo, figlio di Luigi.
Nel 1865 Giuseppe Militerni fece parte del Consiglio comunale. Egli fu rieletto nel 1870, ma in data 18 maggio 1871, per “rinnovazione del quinto del consiglio comunale”, si dimise.
Vincenzo Militerni, nato il 1877, figlio di Giuseppe e di Giordanelli Pasqualina, un attento osservatore ed esperto delle questioni del paese, nel 1910, fondò a Cetraro il periodico L’Aurora. Egli, persona molto vicina ai bisogni del popolo, tramite il suo giornalino, parlò in modo accorato della necessità di curare “le piaghe” della “nostra vera, multiforme miseria” e, inutilmente, lottò affinché le case del nascente Borgo S. Marco venissero concesse gratuitamente alla povera gente del paese.
L’amore di Vincenzo Militerni per il paese appare chiaro durante il suo sindacato che in parte coincise con la prima guerra mondiale. Nel paese, come ho scritto in un mio lavoro, fin dai primi mesi del 1915 cominciarono a scarseggiare i viveri e si facevano lunghe file per comprare ‘nu paniciellu i migliu. Il sensibile sindaco Vincenzo Militerni, nel mese di marzo 1915, allo scopo di evitare alla “cittadinanza la mancanza di pane e il rincaro del grano”, deliberò di contrarre col signor Nicola Del Trono un mutuo di lire 4.250 per l’acquisto di grano da vendere a prezzo di costo”. Inoltre, mise in vendita a prezzi modici le derrate dei suoi campi.
In quella fase storica, della storia del nostro paese, emerge una sorella del Militerni. Nel petto di Teresa Militerni (1875-1925), vergine eletta di quell’epoca, arse un’autentica sete di Dio, un puro amore del Crocifisso, che si commutò, come dice un poeta cetrarese, in estasi. Ella, docile creatura, sacrificò le sue belle trecce e il 7 luglio 1904 vestì l’abito delle suore di S. Giovanni Battista del Nazareno, una congregazione fondata il 1878 in Angri (Salerno) dal sacerdote Alfonso Maria Fusco.
Per merito di questa suora, che prese il nome di Crocifissa, nacque subito dopo allu Citrariellu (come la Suora Santa chiamava il paese) una casa del nuovo ordine, che da quel momento divenne un centro di fervente preghiera e d’istruzione. Con delibera comunale dell’agosto 1906, questo istituto ottenne una scuola domenicale femminile. Nel giugno 1912, erano già otto le giovanette cetraresi vestite dell’abito delle Battistine (Cfr. F. Cipolla). L’affluenza verso il convento divenne ancora più consistente quando le suore, dopo essere state ospitate in una casa dei Militerni, si trasferirono, poco prima del 1910, nel medievale monastero di S. Maria delle Grazie, noto anche con il nome del Ritiro. Mia madre, nata il 1903, allieva della Militerni, quando parlava di suor Crocifissa amava ricordarla come “a masra”, la maestra per eccellenza, per antonomasia. Suor Crocifissa morì nel 1925.
Il Fascismo cominciava ad imporre la sua dittatura. A Cetraro, i podestà Ciro del Trono (1924-29) e Domenico Ricucci (1929-43), due veri galantuomini, cercarono di rendere quanto più possibile indolore il parto cesareo del Fascismo. Il Ricucci, con me, spesso ricordava il fatto di essersi adoperato per impedire che venisse reso esecutivo il provvedimento prefettizio che destinava al confino il farmacista Ercole Cerbelli e l’ex sindaco Vincenzo Militerni, un esponente del Partito Popolare. Da questa scelta politica nacque l’amicizia del Militerni con lo scrittore Igino Giordani, il quale scrisse la biografia di suor Crocifissa.
Di Vincenzo Militerni, io ricordo tre figli, due maschi ed una donna. Al primo di essi, nato il 1914, venne dato il nome di Giuseppe Mario. Laureato in legge, esercitò prima la professione di avvocato e poi entrò in politica. Il 26 maggio 1952 si votò per il Consiglio comunale e per il Consiglio provinciale. Gli Elettori iscritti nelle liste erano 5.592; i votanti furono 4.207. Per il Consiglio Provinciale, la D.C. (Militerni) ottenne voti 2.659, il P.C. (Vanni) ottenne voti 801 e il M.I.S. (Iannelli) ottenne voti 352. Il Militerni nel 1958 e nel 1963 venne eletto al Senato della Repubblica. Morì nel 1967. Negli Anni Quaranta, aveva sposato la nobildonna Elisa de Caro, nipote in linea diretta dell’avvocato e sindaco Ferdinando de Caro, il quale ebbe parte importante nella nascita del Borgo S. Marco. Donna Lisetta, persona di grande liberalità, tiene ancora oggi vivo il nome dell’amato sposo.
Sicuramente, Giuseppe Mario Militerni (per noi cetraresi: Don Peppino) è stato il nostro concittadino più illustre del Novecento. Consapevole del concetto crociano che “alla storia spetti non giudicare ma spiegare”, preciso che io scrivo per segnalare, ai futuri storici, alcuni fatti che, a mio parere, meritano di essere approfonditi e non per condannare o fare vendette. Le vendette le lascio agli altri, a coloro i cui predecessori si sono divertiti a disperdere le ossa di Manfredi. Io, dal Monti, ho imparato: “Oltra il rogo non vive ira nemica”.
Don Peppino è stato un grande uomo ed ha fatto grande Cetraro, tuttavia, come politico, ha le sue luci e le sue ombre. Le luci sono infinite, le ombre poche. Come risulta dalla stampa degli Anni Sessanta, il Militerni veniva rimproverato di favorire la Curia di S. Marco e di non perorare la causa della riapertura del nostro ospedale e ciò, a parere degli oppositori, con il preciso intento di avere l’appoggio elettorale dei padroni delle cliniche private di Belvedere. Guai se la figura di Don Peppino venisse mutilata o se ci si limitasse solo a fare elogi. Esiste, sul nostro Senatore, uno scritto elaborato dal Parlamento.
Io ricordo gli affollati comizi di don Peppino dal balcone di Lorenzina Picarelli. In quegli anni, don Peppino, nella sua azione politica, aveva costantemente al suo fianco l’avv. Carmelo Adamo, figura prestigiosa, che del suo amico fraterno raccolse tutta l’eredità morale. Di don Peppino, ricordo, inoltre, il suo anticomunismo esasperato e il suo definirsi “milite eterno di Gesù”. I suoi discorsi terminavano sempre con le parole: viva Gesù, viva Maria. Don Peppino, profondamente credente, sinceramente cattolico, nello svolgimento dei suoi discorsi ricorreva persino alle profezie del Beato Angelo da Acri riguardanti Cetraro. Profeticamente, vedeva il comunismo come una dottrina fallimentare anche sul piano economico. In un comizio del 1952 o 1953, disse: “Vedo partire i nostri concittadini per le Americhe, non mi risulta che ci sia gente che vada in Russia”.
Confesso che io socialista utopista, nel 1963, al Senato ho votato Militerni. Non mi sono mai pentito di averlo votato nonostante non godessi della simpatia del suo fedelissimo. Le notizie dell’ultima parte sono riportate nel mio libro Cetraro – Un occhio sul passato che conta (2004). Questo l’articolo e quello che segue, in una forma leggermente ridotta, sono stati pubblicati su “Rosso Cetraro” ottenendo una buona popolarità.
Ho reso noto il contenuto di questi miei vecchi appunti sia per ricordare al più vasto pubblico di Cetraro che ancora non sono morto, sia per accogliere l’invito del cortese prof. Leporini a riguardo della raccolta di documenti e notizie sul Militerni. Sarò felice se mi verranno segnalati eventuali errori.