Cetraro e l’anonimato, di Leonardo Iozzi

L’anonimato è una secolare piaga cancrenosa di Cetraro. L’anonimo, facendo sua la calunnia, prova falsamente a ferire, a colpire. Le vittime cetraresi che i documenti ricordano sono tante. Nel 1512, il nobile don Andrea De Renda viene arrestato e condotto nelle carceri di S.Germano, ossia di Cassino, dalla cui abbazia Cetraro dipendeva.

anonimiIl 26 aprile dello stesso anno, i cittadini di Cetraro, insieme al sindaco Benedetto Balba, inviano una supplica all’abate Ignazio Squarcialupo affinché voglia liberare Don Andrea detenuto nelle carceri abbaziali per false insinuazioni. I cittadini e il Sindaco attestano le benemerenze del De Renda verso la città (Leccisotti- Avagliano, I Regesti dell’Archivio; Cfr. L. Iozzi, La Corte spirituale cassinese in Cetraro, 1993, pp. 18-19).

Nel 1592, accusato falsamente da anonimi per il ferimento di Luca Cerbello, viene ucciso Pietrantonio Giordanello, un giovane che per devozione indossava l’abito francescano. Grazie all’indagine di Filomena Maiuglio, madre desolata e coraggiosa, si scopre che i feritori del Cerbello erano stati due uomini potenti, il dottor Giovan Gerorimo de Branca, addetto all’erario, e il prete Marcello de Valente di Fuscaldo, uomo del marchese Spinelli.

Nel 1652, alcuni malevoli anonimi cetraresi, vicini alla Curia di S. Marco, forniscono alla Camera Apostolica alcuni capi d’accusa contro il rettore e luogotenente in Cetraro dell’abate di Montecassino, Ignazio da Napoli. L’università di Cetraro, per dimostrare la sua estraneità alla questione e la sua ammirazione per il giusto e retto governo del Vicario, invia a Roma, come procuratori, il sindaco Salvatore Sacchino e Fabrizio de Mattia.

Dopo l’unità d’Italia, come ho detto nel mio saggio “Cetraro un occhio sul passato che conta”, un nucleo di mestatori comincia, nel nostro paese, ad inoltrare calunniose anonime denunzie alle autorità superiori contro la morale  e l’operato di due ottimi Pretori: Giovanni Maria del Pozzo e Carlo Libonati.

Il primo di essi riceve l’umiliazione del trasferimento e poi il riconoscimento dell’infondatezza dei fatti che gli erano stati attribuiti. Onde evitare che la Giustizia di Cetraro rimanesse ancora una volta senza Pretore, a causa di alcuni malvagi cittadini, il Sindaco, Giovanni Del Trono, e la Giunta, nei giorni 12 e 13 del mese di dicembre 1877, prendono una netta posizione, assicurando le Superiori Autorità Giudiziarie circa l’integrità morale, l’onestà, l’intelligenza e la preparazione del magistrato Carlo Libonati e del suo cancelliere Luigi Rinaldi (Cetraro – Un Occhio sul passato che conta, 1985).

Questioni politiche e invidia procurano a Federico Cipolla non pochi nemici, di cui il lettore si può fare una idea leggendo un articolo del figlio Achille, pubblicato il 4 giugno 1883 sul periodico “La Sentinella”. Un anonimo cetrarese fa giungere al Sotto Prefetto di Paola una lettera contro Federico Cipolla, segretario comunale, e contro suo figlio Achille, consigliere comunale e presidente della Società Operaia.

Riporto appresso una parte della nobile risposta di Achille Cipolla: “…chi può avere il diritto di accusarmi di colpe che non ho commesso?…Io ho difeso pubblicamente la giustizia: ho cercato e cerco di sollevare la generosa classe operaia, cui ho consacrato tutto il mio affetto, tutte le mie forze per renderla degna de’ tempi che corrono e perché è innato in me il principio dell’uguaglianza de’ cittadini negli oneri e negli onori…”.

E’ vecchio mio  padre, è ammalato, è ignorante, è arruffa-matassa, imbroglia tutto il Municipio… ha fatto risultare me Consigliere  per proteggerlo, …bisogna esonerarlo da Segretario… E’ ignorante! Ma ha una laurea in medicina e una in chirurgia… e gode di non poco la fiducia degli ammalati… mio padre, quando tu giacevi nella broda, esponeva la propria vita per la redenzione della patria”. Ricordo che Achille Cipolla (1851-923), avvocato e direttore didattico, con il suo saggio Costumi in Cetraro, è stato il primo storico del nostro folclore.

Desidero ricordare un’altra sacra vittima del pestifero venticello della calunnia. Qualche anno prima della sua dipartita, incontro a Cetraro don Francesco Dattilo, un puro, un candido, un sacerdote nel significato più profondo della parola. Prendiamo il caffè in un bar e conversiamo a lungo. A un certo punto, gli chiedo perché alla fine degli Anni Cinquanta aveva lasciato Cetraro. Mentre due lacrime gli bagnano gli occhi, dice: “Calunnie mi hanno fatto passare per peccatore”.

Come si può rilevare, in passato, i sindaci Balbo, Sacchino e Del Trono si sono schierati a favore delle vittime di certi fenomeni, difendendo la loro l’integrità morale e l’onestà. Oggi, l’anonimato è un fenomeno molto diffuso e quasi certamente, attraverso non nobili portavoce, coinvolge personaggi insospettabili.

Concittadini, figli della mia antica madre, sappiate che, in questo tardo meriggio della mia esistenza, continuo a scrivere e a segnalare certi fenomeni per mantenere fede a un mio profondo sogno che invano ho seguito per 79 anni: vedere un paese migliore.