Cetraro da leggere…

Riceviamo e pubblichiamo due scritti ad opera del dottor Vincenzo Amorosi.

Il primo dal titolo: “Cetraro, una suora ed una maestra (suor Angelica e la Lanza Carmela)” e il secondo: “IL LOGO – FULGENS SIGNUM (ESEGESI DI UN SIMBOLO)”. Quest’ultimo, in particolare, ha al suo interno alcune foto storiche di Cetraro.

Buona lettura.

 

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Cetraro (CS), una suora ed una maestra (suor Angelica e la Lanza Carmela)

L’incontro causale di un amico conterraneo riscoperto, mi spinge a cercare nei ricordi della memoria figure ed avvenimenti che il sole caldo di fine estate di colpo ravvivano, facendomi così rivivere emozioni e tremori sopiti. La meravigliosa terrazza del Ritiro dalla quale ammiro ora a mozzafiato il salto sulla marina di Cetraro mi riportano indietro di anni, quando da bimbo due figure femminili mi educavano e correggevano, secondo i dettami pediatrici di allora , al rispetto ed all’ubbidienza. Parlo di suor Angelica delle suore Battistine che con un cipiglio severo dirigeva l’asilo e dove vi lasciai le mie paure, causa un maldestro lucchetto di un bagno che non si apriva. Grida, rimproveri, ed un irripetibile indice della mano destra ancora sventolante davanti gli occhi di bambino mi hanno fatto odiare le suore per tutta la vita. La seconda figura appartiene alla Signorina Lanza, maestra delle scuole elementari della Faini. La ricordo tutta vestita di nero , gonna , maglietta , e le inseparabili scarpette gommate di nero tipo sandali, con calze nere a costura posteriore. Il volto per qualunque sforzo faccia non mi sovviene, visto che stavo sempre alla sua presenza con lo sguardo a terra , lo esigeva. Fanatica del “regime autarchico” imponeva  in classe la recita del Padre Nostro all’in piedi, prima d’ incominciare le lezioni, seguita poi dall’inno “ Balilla “, ne ricordo ancora le parole e le note… Camminava fra i banchi con la bacchetta che con senza indugio faceva scoppiettare sulle nocche della mano e sulle palmi. Un giorno per non so che di “riprovevole” mi diede una bacchettata sul viso e con quel rossore delineato tornai a casa. Scoppiò il finimondo. Mio padre denunciò la Lanza per maltrattamenti, eravamo negli anni 50 ed un richiamo ufficiale sui metodi educativi della maestra fece scalpore nel paesino, anche perché si ostentava ancora socialmente il rimpianto di un regime ormai passato per fortuna alla storia… Ma ci sono pure i ricordi felici delle ore di ginnastica trascorse sulle terrazze della Colonia S. Benedetto, dove al suono dell’inno di Mameli noi maschietti con le bandierine tricolori e le femminucce con il cerchio eseguivamo le troppo statiche e ripetitive figure ginniche. Ricordo che ero felicissimo perché il sole ed il mare di primavera mi riempiva lo spirito e l’anima al punto tale che non ascoltavo più le note dell’inno ed immancabilmente uscivo fuori tempo con le figure ed il resto… La Lanza gridava e per punizione ricominciavamo tutti e tutto da capo… Ricordo la finestra della mia aula che dava sul retro dell’edificio scolastico. Da lì, tra il rosso dei tetti della falegnameria ed un albero, ammiravo  il colore del cielo ed il volo dei gabbiani che continuamente mi rapivano e volavo con loro, fino a raggiungere la scia di un aeroplano che scivolava lontano. Ore di sogno vissuti tra infinite soste dello spirito e fughe veloci dalla realtà di bimbo, fatta di punizioni e grida isteriche della Lanza. Le sorelle Lanza erano due egualmente vestite tutte e due insegnanti, non mi sovvengono i loro nomi e non ricordo l’autrice della “bacchettata”, so solo che hanno continuato ad insegnare con il “loro metodo” per parecchi anni, mentre io felicissimo da bimbo mi trasferii a Napoli con la famiglia dove continuai gli studi, ironia della sorte, con i Padri Scolopi dell’Istituto Calasanzio nei pressi del Vescovado… Mio caro amico in fine non ricordo più nulla, ho solo in mente la meravigliosa grandezza della spiaggia che mi costringeva a camminare per un quarto d’ora prima di raggiungere la riva. Ricordo come in un sogno le trombe marine e l’instancabile sibilo delle giornate ventose, un sussurro continuo che mi chiama e mi ammalia ancora, invitandomi a tornare ed a ricalcare il suolo della mia terra natia, pur sempre amata e mai dimenticata.

IL LOGO – FULGENS SIGNUM (ESEGESI DI UN SIMBOLO)

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