“Cosa succede allo Scoglio della Regina?”. È una domanda che in questi giorni si stanno ponendo in tanti. È la risposta sembra portare ad un vecchio progetto emanato per fermare l’erosione. Ma partiamo dall’inizio.
Circa una settimana fa, Francesco Cirillo, Coordinatore del Movimento ambientalista del Tirreno, lancia l’allarme per fermare i lavori che interessano la vicina zona di Acquappesa. Da tempo, infatti, è apparsa una lunga strada di detriti che unisce lo scoglio alla terra ferma, deturpando – inequivocabilmente – l’intero paesaggio. La strada, ovviamente, è frutto dei lavori avviati.
Caricando un video anche su Youtube (vedi sotto) che documenta “lo scempio”, Cirillo scrive “Alla follia non c’è limite! Abbiamo assistito a scempi di ogni genere nella nostra Calabria, ma pensavamo che alcuni luoghi fossero religiosamente risparmiati, come quello dello Scoglio della Regina che si trova nel comune di Acquappesa. Ebbene, sembra che per fermare un fenomeno erosivo, che si sta mangiando tutta la spiaggia di Acquappesa e Guardia Piemontese, sia stata autorizzata una barriera di massi fra la spiaggia e lo stesso Scoglio. Le autorizzazioni, che ancora non abbiamo visto, sembrano che partano da una DIA concessa dall’assessorato all’ambiente e dei lavori pubblici della Regione Calabria, allo stesso comune di Acquappesa, alla capitaneria di Porto di Cetraro. Al momento non sappiamo se vi sia quella dell’assessorato all’ambiente della Provincia, mentre sappiamo per certo che manca quella del Parco Marino della Riviera dei Cedri nel quale ricade lo Scoglio della Regina. Quello che ci è apparso sotto gli occhi è qualcosa di terribile. Uno scoglio storico, simbolo della Calabria, del suo mare, delle sue spiagge, è stato violentato da incompetenti e da devastatori che non amano assolutamente il bene comune. Come ambientalisti faremo una dura battaglia perché i luoghi vengano ripristinati immediatamente e che quella orribile pista venga cancellata definitivamente. Intanto annunciamo un esposto alla Procura di Paola perché accerti la legittimità di tutta l’operazione”.
Sulla questione interviene anche il già presidente del Parco Marino Riviera dei Cedri, Palmiro Manco, dichiarando: “Questo intervento è la chiara e palese volontà di distruggere il Parco marino regionale della Riviera dei Cedri. Io da presidente del Parco non avrei mai consentito questo scempio. Adesso invito pubblicamente il neo presidente a richiedere il ripristino dello stato dei luoghi e di costituire l’Ente Parco nelle sedi giudiziarie più opportune, per verificare di chi sono le responsabilità di questo “insano” e distruttivo progetto. Inoltre mi permetto di suggerire all’Amministrazione comunale di Acquappesa di avviare un procedimento in autotutela di sospensione dei lavori, affinché, si possa stabilire come è avvenuto il rilascio del Via senza autorizzazione del Parco Marino, ente preposto a tutelare “lo Scoglio della Regina” patrimonio dell’intera collettività. Se non farà questo, mi dispiace… ma non gli resta che dimettersi, questo è quello che avrei fatto io. Vi informo, che nella bozza del Piano del Parco avevo previsto una serie di interventi a tutela del sito“.
Inutile aggiungere che sulla questione si è scatenato un vero e proprio dibattito, soprattutto in Rete, dove in molti hanno criticato i lavori, postando articoli, immagini e video dell’amato Scoglio.
Il Movimento ambientalista, coordinato da Cirillo, non si è fermato alle dichiarazioni ed ha approfondito la questione. Recatosi presso il Comune di Acquappesa ha analizzato l’intera pratica ed ha scoperto che il progetto fu approvato in una conferenza dei servizi il 9 novembre del 2008. Siglato da tutti gli Enti, tranne che dal Parco marino – che non “è stato avvisato del progetto e che non è stato mai invitato ad alcuna riunione” –, il progetto prevede la realizzazione di una barriera soffolta (“una struttura posta sotto la superficie del mare, parallelamente alla costa che ha lo scopo di smorzare la forza delle onde”) larga otto metri, che parte dalla spiaggia e, circondandolo lo scoglio, arriva al secondo scoglio (posizionato a circa 550 metri). Mentre l’aera posizionata fra i due scogli e la spiaggia verrà riempita con 8200 metri cubi di inerti. In sostanza, il progetto – che costa alla Regione Calabria un milione e mezzo di euro, – proteggerà lo Scoglio, ma lo “trasformerà” in terra. Ovvero, lo farà diventare parte della spiaggia. Certo, la barriera non sarà visibile, in quanto al di sotto del livello del mare, ma i dubbi restano. Soprattutto su cosa accadrà all’ambiente circostante.
Ad ogni modo, oggi, il Movimento ambientalista propone la sospensione dei lavori, “la revisione del progetto e l’arretramento di almeno cinquanta metri delle barriere soffolte verso sud, facendo attenzione che nel riflusso delle correnti non vengano danneggiate le spiagge di Guardia Piemontese”.
“Un ecosistema in pericolo totale – scrive il Movimento – perché il progetto in questione sullo Scoglio della Regina, ad Acquappesa, non riguarda, come poteva sembrare, una difesa dello scoglio che davvero potrebbe essere in pericolo, ma quello di creare una spiaggia, vedremo in seguito se privata ed al servizio di qualche stabilimento balneare preesistente, coprendo tutto lo spazio fra lo Scoglio e la spiaggia. Che la spiaggia sia vittima dell’erosione lo sappiamo tutti, ma non è così semplice frenarla dal momento che le cause permangono da diversi anni e sono cause al momento ineliminabili“. “Le cause – scrive Cirillo in una nota – potrebbero essere: il mancato apporto della sabbia dei fiumi fra Cetraro ed Acquappesa; l’esistenza del porto di Cetraro che ha creato insabbiamento a nord e nello stesso porto ed erosione a sud; la devastazione della Posidonia, pianta e non alga, devastata e sradicata da centinaia e centinaia di strascichi illegali sottocosta da parte di pescherecci provenienti da tutto il sud che hanno sconvolto tutti i fondali causando una maggiore potenza delle mareggiate“.
“Prendendo per buono il progetto – continua – chi garantisce che nelle prossime mareggiate il mare non si riprenda tutto, buttando così un milione e mezzo di euro di soldi pubblici?”.
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