Aieta: tra scuole, politica e grandi pensatori

Il primo cittadino di Cetraro, Giuseppe Aieta, nell’ultima puntata della sua rubrica Facebook PARLIAMONE!, tratta di scuole e di politica e lo fa con il suo consueto modo di scrivere: in maniera chiara e senza fronzoli. Ecco cosa si legge nella nota del 17.IX.2013 pubblicata pochi minuti fa. Buona lettura.

Sindaco di Cetraro Giuseppe Aieta“Ieri ho visitato alcune scuole cittadine per incontrare i ragazzi, i docenti, i dirigenti scolastici e il personale. Ho trovato insegnanti motivati, ragazzi composti e desiderosi di apprendere. Ho chiesto loro di continuare a darci una mano sulla raccolta differenziata ed ho ricevuto tanti sorrisi di compiacimento su una tematica che i ragazzi conoscono bene. Ho visitato, poi, i nostri Licei e, in particolare, il nuovo Liceo Artistico realizzato dalla Provincia di Cosenza. Credo sia una delle più belle Scuole della Calabria: luminosa, ben arredata, con colori vivaci e opere d’arte che solo i nostri ragazzi con i loro bravi insegnanti sono in grado di fare. Inaugureremo il nuovo istituto a breve perché tutti i cittadini si rendano conto di cosa sia la bellezza. Ai ragazzi ho lasciato qualche messaggio per invitarli a riflettere. Ho detto loro che lo studio serve a rendere gli uomini liberi in un mondo di mediocrità, di interessi solo personali, di ricatti e spasmodica voglia di denaro e di potere. La politica ha bisogno di loro, della loro bellezza, del loro profumo, della loro onestà. Ma ho detto loro che non é facile trovare qualcuno che conceda loro spazio perché la voglia sfrenata del potere tende ad alimentare solo egoismo. Torneró nelle scuole ogni mese per discutere di questi temi: libertà, bene comune, diritti, doveri, felicità, gioia, tristezza. Impiegheró l’ultimo anno che mi rimane da Sindaco per dialogare con i giovani affinché siano pronti a raccogliere l’eredità politica che spetta loro di diritto senza che chi é abituato all’auto conservazione sbarri loro la strada. Abbiamo bisogno di freschezza, di giovinezza, di vivacitá; non abbiamo bisogno di chi vorrebbe avere sempre un ruolo ma di chi il proprio ruolo è disponibile a metterlo a disposizione dei giovani. Come pure é avvenuto in questi anni attraverso esempi nobili di buona politica.
Cosa è successo in questi mesi nella politica locale?
In questi mesi é avvenuto ciò che speravo non avvenisse: vi é un tentativo di ritorno al passato alimentato da risentimenti personali, aspettative deluse, pratiche rifiutate. Una via che porta a divisioni, contrapposizione, dileggio e guerre personali. La politica a cui eravamo stati abituati ha un’altra forma, ha un altro spessore, ha un’altra visione. Ci dispiace dover registrare una involuzione pesante che, oggi, pervade il dibattito politico dal quale abbiamo il dovere di tenerci lontano. Ovviamente, fino a quando non si abuserà della umana pazienza.
Da oggi ho deciso di introdurre nella mia rubrica di Parliamone! una riflessione rubata ai grandi pensatori di ogni tempo. Capita spesso di imbattersi in pagine suggestive che aprono orizzonti nuovi agevolando riflessioni profonde che non hanno tempo.
Cominciamo!

La culla dell’ingratitudine ( Francesco Alberoni)
‘Quand’è che proviamo ri­conoscenza per qualcu­no? A prima vista direm­mo che la proviamo verso tutti coloro che ci hanno aiutato, ma non è così.
Quelli che si amano non la provano. Pensate a due inna­morati. Ciascuno fa tutto quello che può per l’amato ma nessuno sente un debito di riconoscenza. Chi si ama non tiene una contabilità del dare e dell’avere: i conti sono sem­pre pari. Solo quando l’amore fini­sce riappare la contabilità e ciascu­no scopre di aver dato più di quanto non abbia ricevuto.
Però anche fra innamorati ci so­no dei momenti in cui il tuo amato ti dona qualcosa di straordinario, qualcosa che non ti saresti mai aspettato
ed allora ti viene voglia di dirgli un «grazie» che è anche rico­noscenza.
Insomma la riconoscenza nasce dall’inatteso, da un «di più». Perciò la proviamo spesso verso persone con cui non abbiamo nessun rap­p­orto ma che ci fanno del bene spon­taneamente. Per esempio a chi si getta in acqua per salvarci rischian­do la vita, a chi ci soccorre in un inci­dente, a chi ci cura quando siamo ammalati. Ma anche a chi ci aiuta a scoprire e a mettere a frutto i nostri talenti nel campo della scienza,del­­l’arte, della professione per cui, quando siamo arrivati, gli siamo de­bitori. La riconoscenza è perciò nel­lo st­esso tempo un grazie e il ricono­scimento dell’eccellenza morale della persona che ci ha aiutato.
Quando proviamo questo senti­mento, di solito pensiamo che dure­­rà tutta la vita, invece spesso ce ne di­mentichiamo. E se quella persona ci ha fatto veramente del bene allo­ra la nostra è ingratitudine. Ma la chiamerei una ingratitudine legge­ra, perdonabile. Perché purtroppo c’è anche una ingratitudine cattiva, malvagia. Vi sono delle persone che, dopo essere state veramente beneficiate, anziché essere ricono­scenti, provano del rancore, del­l’odio verso i loro benefattori. Ci so­no allievi che diventano i più feroci critici dei loro maestri e dirigenti che, arrivati al potere diffamano proprio chi li ha promossi. Da dove nasce questa ingratitudine cattiva? Dal desiderio sfrenato di eccellere. Costoro pretendono che il loro suc­c­esso sia esclusivamente merito del­la propria bravura e si vergognano ad ammettere di essere stati aiutati. Così negano l’evidenza,aggredisco­no il loro benefattore. E quanti so­no! State attenti: quando sentite qualcuno diffamare qualcun altro, spesso si tratta di invidia o di ingrati­tudine malvagia. Guardatevi da questo tipo di persone’.

A presto! Giuseppe”