Il fatto di cronaca, costituito da un delitto mafioso rimasto impunito e che fa da filo conduttore al percorso narrativo, è trasfigurato da fantasticherie diaboliche, immagini apocalittiche e richiami letterari volutamente altisonanti.
Se qualcuno crede di individuare fatti o personaggi reali, lo avverto che non ho inteso scrivere un saggio, ma ho voluto semplicemente costruire un racconto di fantasia. Pertanto, ogni eventuale riferimento a persone o a fatti va considerato assolutamente casuale, anche se va aggiunto che il dilemma tra finzione e realtà rimane sempre irrisolto e che i fatti, anche quando sembrano veri, in realtà diventano un’altra cosa, perché sono deformati dalla trasfigurazione. I fatti sfumano nell’invisibile e si trasformano in simboli.
Il docente di filosofia e scrittore Enzo Pellegrino ha commentato la notizia così: ” ‘A chi la tocca la tocca’ di Gaetano Bencivinni (su Amazon). Imperdibile.
Da leggere d’un fiato, senza respiro ( preparatevi un bicchier d’acqua) non perché sia un incubo ma perché si entra in un dramma che ha il sapore della tragedia antica. E si resta in attesa di un “deus ex machina” che sciolga l’enigma perché i poteri dello stato hanno tralignato, cioè fallito, per complicità e/o dabbenaggine, per cui la delinquenza organizzata continua a scorazzare truculenta e mortifera.
Il luogo è un paese immaginario ma verosimile come nelle città invisibili di Calvino: può essere ovunque e l’accadere è in ognidove.
L’autore è Gaetano Bencivinni, raffinato letterato, docente nei licei, da sempre in prima fila nella lotta alla ‘ndrangheta. E’ presidente del premio internazionale Giannino Losardo, il sindaco onesto e galantuomo trucidamente assassinato anni addietro dalla mafia.Delitto tuttora impunito!
Il corredo letterario che Gaetano utilizza è quello dei grandi scrittori che da sempre hanno “scavato” nell’animo umano, sondato “il cuore di tenebra” in cui s’annida il male dell’uomo. L’ oscuro “kakòn”, il male assoluto, insomma che manda in paranoia una comunità nell’asservimento alla prepotenza e alla violenza sperando di ricavarne benefici che non ottiene.
E qui è d’obbligo evocare i demoni di Dostoevskij come puntualmente fa l’autore.
Il racconto è a volte altisonante, un’iperbole in contrapposizione al male reale che ci affligge. Poi assume i toni teneri, dolenti degli affetti famigliari come quello della madre che serve l’ultima cena al protagonista con la consapevolezza del destino crudele che lo attende.
Colpisce anche la tecnica narrativa, non usuale, dello sdoppiamento dell’autore che appare ora come cronista, a volte come co-protagonista.
Ultimata la lettura, e bevuto il bicchier d’acqua, mi son chiesto: allora non c’è salvezza? E sono andato al titolo pensando che basterebbe modificarlo in “Tocca a chi tocca”, unicuique suum, a ciascuno il suo sciascianamente e le cose potrebbero raddrizzarsi.
Poi, per vezzo professionale da pittore, ho colto la bellezza dei paesaggi mozzafiato, il murmure del mare, e ancora mi sono chiesto come possa tanta bellezza sopportare lo sfregio della violenza.”