Racchiudere la storia di sette anni in questo messaggio di saluto è un’impresa ardua

Miei cari,
è giunto il momento di salutarci e mentre lo facciamo, raccogliamo ciò che è stato di “noi” in questi sette anni di servizio pastorale.
Sono arrivato qui il 27 novembre del 2011, era la prima domenica di Avvento. Ricordo ancora quel giorno, ricordo la forte emozione e la grande paura di essere guida inesperta di una comunità da me sconosciuta.

Ma è bastato poco per iniziare! Dalla mia parte vi era l’entusiasmo e la voglia di mettere in gioco la freschezza sacerdotale, dalla vostra l’ansia e l’attesa di un pastore.

Racchiudere la storia di sette anni in questo messaggio di saluto vi assicuro che è un’impresa ardua, non per la quantità irrisoria del tempo ma per l’intensità e la qualità delle esperienze vissute.

Parafrasando l’apostolo Paolo mentre saluta la comunità di Efeso vi dico: in questi anni vi ho servito, tra gioie, lacrime e prove; ma vi assicuro, non ho fatto altro che testimoniare a voi quel Cristo che vive in me e con le mie numerose fragilità ho cercato di rendere presente nella mia vita e tra il mio popolo. Ho servito il Signore per mezzo di voi, cercando di non sottrarmi a tutto ciò che era necessario per la crescita umana e spirituale di questa piccola porzione di gregge. I giovani, i bambini, le famiglie, gli anziani, gli ammalati, tutti hanno avuto un posto privilegiato nel mio cuore…ma nessuno, ripeto, nessuno ha un posto esclusivo, se non Dio stesso.




Ho aperto, anzi spalancato le porte del mio cuore e della mia canonica a chiunque sia voluto entrare; alcuni sono rimasti, altri andati via, altri ancora mai entrati.

Dal cenacolo siamo partiti e in questo cenacolo ci salutiamo… nel cenacolo si consuma l’ora del Maestro e ciascuno assume una personalità, riveste un personaggio, un ruolo. Penso al tradimento di Giuda che lo accusa ingiustamente, forse perché non ha potuto rivestire un ruolo di prestigio nel collegio degli Apostoli; penso al rinnegamento di Pietro, quasi a non riconoscere il bene del Maestro e di ciò che è stato per lui: ha lasciato alle spalle tutto e si è fatto guidare dalla ragione; penso all’accusa del Sinedrio, che non fa altro che proiettare la propria storia sul servo di Jhawe: è bene che muoia uno soltanto per salvare il popolo, peccato che quel popolo ancora oggi non trova pace. Penso poi al pianto delle pie donne, che si battono il petto ma che non hanno mai avuto il coraggio di fare una scelta concreta e personale, di schierarsi dalla parte della verità, perché tiepide e senza spina dorsale. Penso ancora ad altri personaggi come il Cireneo, pronto a prestare il suo servizio nel silenzio, alla Veronica che nell’umiltà consola Gesù e poi ai ladroni, il buono e il cattivo, quelle persone che spesso vivono in anonimato, ma che riservano nel loro cuore una profonda stima e affetto tanto da riconoscere la bontà di Gesù. Per ultimo, penso a Giovanni e Maria, la parte fedele, quella che mai ha sognato di tradire, ma solo di servire e restare.. Ecco mie cari, mentre rileggo la storia di questi sette anni non posso che collocarla in un quadro sinottico e assegnare a ciascuno di voi un ruolo, un personaggio e far risuonare nella mia mente le parole del maestro: tutto è compiuto.




Si ora è giunto il momento di salutarci e attendere in questo Cenacolo l’arrivo dello Spirito, che nella persona del mio successore, don Agostino, vi servirà partendo dalla riva del lago di Tiberiade dove inizia un nuovo capitolo della storia.

Scomodando sempre l’apostolo Paolo dico: «Ed ecco, ora io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Per questo oggi vi dichiaro che non ho alcuna responsabilità se qualcuno di voi viene meno al suo dovere. Mai infatti mi sono sottratto al compito di annunciarvi la volontà di Dio. Abbiate cura di voi stessi e di tutto il gregge. (…) Io so che dopo la mia partenza si introdurranno tra di voi lupi rapaci, che devasteranno il gregge. E anche tra voi sorgeranno uomini che insegneranno dottrine perverse, attirando dietro di sé i discepoli. Perciò vegliate, ricordando che per anni, notte e giorno, non ho cessato, tra le lacrime di esortare ciascuno di voi».

L’unica raccomandazione che vi faccio è quella di voler bene a questa comunità, alla vostra comunità. Perché ciò avvenga, occorre vigilare nella preghiera, e stare lontani da coloro i quali vengono a voi in veste di pecora, ma dentro sono lupi rapaci: questo è il male che si annida nelle comunità e si può scacciare solo se si è uniti nella preghiera, solo se si lavora per un obiettivo comune, la santificazione della comunità e non la realizzazione della propria persona.

Non perdete mai l’entusiasmo che viene dallo Spirito, ma lasciatevi guidare dalla carità verso voi stessi e gli altri, abbiate il coraggio di amare i vostri limiti e quelli dei fratelli, stringetevi in comunione di preghiera e sostenetevi a vicenda, allora sarete una comunità santa intorno al suo pastore.




Quasi al termine di questo messaggio, voglio altresì ringraziare tutte quelle persone che con me hanno sognato e realizzato ogni opera, quelle persone che con umiltà si sono sporcate le mani e messe in cammino di crescita. Grazie a quanti sono rimasti nell’ombra e nel nascondimento, ma che hanno svolto un ruolo fondamentale, sostenendomi nella preghiera, in modo particolare gli anziani e gli ammalati. Grazie per come mi avete accolto e per la fiducia che mi avete dimostrato. Grazie per la pazienza che avete esercitato, accogliendo i miei limiti e i numerosi errori commessi. Grazie per i numerosi aiuti concreti e per avermi fatto crescere in mezzo a voi, grazie perché mi avete voluto bene…

Vi chiedo con umiltà e cuore contrito perdono per le mie azioni non conformi alla testimonianza sacerdotale, per quanti ho fatto soffrire e ahimè anche allontanare dal cammino di fede, lo chiedo a voi e poi a Dio, lui che è ricco di misericordia possa accogliere questo mio pentimento.
Vi chiedo di continuare a pregare per me, per la mia santificazione sacerdotale e per la comunità che la Chiesa ha voluto affidami. Certo ora parto con un bagaglio ricco di esperienze, di storie, di volti che solo voi avete potuto regalarmi.

Non porto via con me nulla, se non un libro ricco di umanità che insieme a voi ho scritto, però vi lascio una piccola creatura in embrione, abbiatene cura, custoditela, fatela crescere, amatela, nutritela, rispettatela, promuovetela, mi riferisco all’oratorio San Filippo Neri, spazio, luogo e tempo privilegiato per la crescita dei bambini, dei giovani e delle famiglie che seppur accidentate e non perfette sono famiglie che hanno la voglia di crescere e santificarsi.
Nient’altro voglio aggiungere a questo mio saluto, se non rinnovare il mio grazie e il mio perdono, nella certezza che il nostro legame resterà sempre vivo nel ricordo quotidiano della preghiera, ma ora è necessario il distacco per portare frutti di vita abbondante.

Invoco per intercessione di Maria Madre Addolorata, San Filippo Neri e tutti Santi, copiose benedizioni su di voi, sulle vostre famiglie, sulle vostre ferite e sui vostri desideri, affinché il buon Dio possa sempre vegliare su questa comunità e farvi raggiungere la vetta più alta della montagna: la Santità.

Auguri, grazie, scusate e pregate per me!

 

Don Francesco Lauria