Ho sempre avuto fiducia nell’operato della giustizia e dopo otto lunghi anni, finalmente, con la sentenza d’appello per la vicenda della Ex Emiliana Tessile è stata ristabilita la verità.
Ho sempre cercato nella mia lunga militanza sindacale di difendere, anche talvolta in solitudine, i diritti dei lavoratori e – in particolare nella vertenza della Ex Emiliana Tessile di Cetraro – di farlo nonostante in tutti i passaggi fatti allora fossero coinvolti tutti i livelli istituzionali Comune, Provincia, Regione, Presidenza del Consiglio dei Ministri nonché le Organizzazioni Sindacali Nazionali, Regionali e Territoriali.
Anziché indagare sui soggetti che avevano un ruolo attivo in tutti gli atti, si è voluto colpire un dirigente sindacale la cui unica colpa era quella di essere sempre in prima linea nel tutelare gli interessi della propria rappresentanza. Ho taciuto in tutti questi lunghi anni per il rispetto che nutro nei confronti delle persone che hanno continuato a seguirmi nella mia nuova esperienza sindacale; a loro, alla mia famiglia, agli avvocati Francesco Scrivano e Francesco Perre va il mio più caro e affettuoso ringraziamento.
Sono passato come quello che si era venduto ai padroni senza analizzare mai la crisi che avrebbe investito di lì a poco tutto il comparto tessile portando alla chiusura di grandi fabbriche come la Marlane di Praia a Mare e il Polo Tessile di Castrovillari causando purtroppo la perdita di migliaia di posti di lavoro nel silenzio della politica e delle istituzioni.
Abbiamo occupato strade e ferrovie, abbiamo messo in atto tutte le iniziative che un sindacato ha il potere di fare senza che nè le istituzioni nè il sindacato nazionale contribuissero alla soluzione della vertenza; basti pensare alla paradossale vicenda della Marlane di Praia a Mare in riferimento alla quale la sera prima si concordò una linea e il giorno dopo – in sede alla Presidenza del Consiglio – venne modificata totalmente.
Che rabbia oggi vedere quei dirigenti sindacali di allora ora Ministro o Sottosegretario della Repubblica; evidentemente già da allora avevano come unico pensiero la carriera politica.
La vicenda della Emiliana Tessile è stata usata, nei miei riguardi, come strumento per distruggere l’avversario; in tanti hanno fatto carriera sia nel sindacato sia nella politica. Dirigenti sindacali che si trovano a ricoprire ora ruoli di primissimo piano non per loro capacità ma solo per aver sfruttato l’occasione di penalizzare l’operato altrui.
Anche nel mio territorio hanno voluto strumentalizzare tale vicenda al solo scopo di condizionare il mio lavoro; mi auguro che lo stesso impegno messo su di me la magistratura lo possa indirizzare verso tutti quei soggetti che utilizzano la politica solo ed esclusivamente per interessi personali: soggetti che gestiscono questo territorio da oltre un trentennio passando il testimone da padre in figlio, attraverso incarichi e progetti, soggetti che utilizzano ambienti ambigui per costruire il consenso elettorale o soggetti che usano la legalità come baluardo di pura facciata.
E’ vero, forse qualche errore sulla vicenda della Emiliana Tessile l’ho anche commesso: dovevo prestare più attenzione quando l’imprenditore Angelo Marano in una riunione pose la condizione di licenziare qualche lavoratore e qualche assessore di allora accettò immediatamente; io invece mi ribellai a tale richiesta perché era mio dovere difendere tutti i lavoratori. Ciò che più mi ha amareggiato in questi anni sono state le critiche rivoltemi da coloro i quali insieme a me questa vicenda l’avevano vissuta e insieme a me erano presenti in tutte le trattative: proprio loro – la maggioranza dei lavoratori e gli amministratori del tempo – appena iniziò l’indagine scomparvero insieme a coloro i quali ai tavoli istituzionali si impegnavano con i nuovi imprenditori al cambio di destinazione d’uso del terreno della fabbrica o a qualche sindaco di allora che cedette a titolo gratuito il terreno della fabbrica a Marano.
Per me, per gli amici veri, per i tanti lavoratori e lavoratrici che mi hanno seguito nella mia nuova esperienza sindacale non c’era bisogno di questa sentenza perché anche in questi anni mi hanno dimostrato, con il loro affetto e il loro consenso, che la fiducia e la stima nei miei confronti non era mutata.
Franco Mazza