Particolari della chiesa di San Benedetto Abate

Una carrellata di particolari e foto tratte dal libro Chiese di Cetraro, scritto da Fabio Angilica e Carlo Andreoli.

Facciata
Già esistente nel 1104, la chiesa matrice di S. Benedetto Abate fu rifatta, negli anni 1767-79, dal maestro Filippo Noto da Rogliano. Intorno al 1950, per riparare i danni bellici, il Genio Civile di Cosenza ricompose la facciata; conservando i portali originari.

Torre campanaria
E’ l’unica torre civica residua del castrum Citrarii; che, come tale, non aveva alcuna attinenza con la chiesa delle origini. Ma, nel 1540, essa viene già menzionata come lo campanaro di S. Benedetto.

S. Benedetto Abate

La statua del Patrono di Cetraro fu collocata sopra il portale maggiore il 22 ottobre del 1775: “ad ore 16 con molto stento, a essere detta statua di marmo bianco molto pesante”.

Veduta dell’atrio

Entrando dal portale maggiore, si notano subito le decorazioni del soffitto della cantoria; che, lasciata grezza da d. Giuseppe Lanza (1846-66), fu terminata a stucco da d. Serafino Aita (1866-77).

Fonte battesimale

Fonte battesimaleSistemato a sinistra dell’ingresso, in una nicchia, faceva forse parte dell’apparato della chiesa antecedente alle trasformazioni settecentesche.

Madonna delle Anime del Purgatorio

Sita su una parete della navata sinistra, la tela della Madonna col Bambino ed Anime del Purgatorio è firmata da Francesco Basile e datata 1793. Lancia un duplice messaggio: la possibilità di redenzione dal peccato, per chi ha fede in Dio; ed il soccorso della preghiera, per agevolarne il corso.

Particolare della Madonna col Bambino

La Vergine porta un velo, attorto sulla spalla, che lascia in luce il volto, atteggiato a un timido sorriso, e il collo lungo. Con le dita della mano, ravvia il panno del Bimbo vivace che tiene in grembo; e sul piede, che porta fuori dalle vesti provato dal dolce peso, s’indovina la trama delicata d’un calzare.

 Particolare dell’Angelo

La tela ha un respiro caldo di colori; che varia dal rosso fulvo delle fiamme all’oro del cielo. Unico tema di contrasto tonale, il manto blu della Vergine e la veste smeraldina dell’Angelo; che si combina col bianco delle ali e della tunicella fermata sul braccio da un prezioso monile.

Madonna del Carmelo

Posta in fondo alla navata sinistra, la tela raffigura la Madonna col Bambino e, nella partizione inferiore, S. Giuseppe e S. Anna, S. Francesco da Paola e S. Andrea Apostolo; identificato, quest’ultimo, dai suoi emblemi: la croce decussata e i pesci.

Particolare della Madonna del Carmelo

Particolare Madonna del CarmeloIl colorito roseo dell’incarnato ha una ripresa vivida nella fune dello scapolare che la Vergine regge tra le mani: segno di condivisione della devozione mariana. L’icona effigiata sull’abitino riproduce, in miniatura, lo stesso particolare principale del dipinto.

Presbiterio

Sopra un podio di marmo, è l’Altare Maggiore. Dietro sta il coro, con stalli a doppio ordine e filettature in oro; fatto costruire da d. Vito Occhiuzzi nel 1828 per 2 mila ducati.

Adorazione dei Magi

La commissione d’opera al Basile, nel 1791, prevedeva pure l’esecuzione di “due quadri nel fondo del Cappellone”: i due affreschi dell’abside. L’Adorazione ha un impianto scenografico da melodramma barocco: la Sacra Famiglia riceve il corteo regale sopra un podio di pietra; mentre, sul propileo soprastante, due musici soffiano dentro corni ritorti e curiosi occhieggiano tra le colonne.

Presentazione al Tempio

Il Basile ritrae l’atto in cui Simeone, ricevuto il Bambino tra la braccia, riconosce in lui il Salvatore; e chiede, quindi, a Dio di congedarlo dalla vita terrena – nunc dimittis – certo della futura salvezza dei popoli. Giuseppe – in secondo piano, dietro Maria – stringe in una mano il bastone fiorito e con l’altra porta un cesto di colombe, quale offerta votiva al Tempio di Gerusalemme.

Stucchi dell’abside

Stucchi dell’abside Lo stucco del Cappellone fu eseguito, nel 1780, dal maestro Nicola Mauro da Rogliano; sotto la guida, forse, del napoletano Salvatore De Maria.

Altare dell’Immacolata Concezione

In un vano dai toni perlacei, si staglia l’elegante altare barocco dell’Immacolata Concezione; dal frontone spezzato dentro cui s’immette il fastigio. Fatto erigere nel 1829 da d. Vito Occhiuzzi; il quale dispose che, nella festività dell’8 dicembre, fossero usati durante la processione 4 rotoli di polvere da sparo ed una batteria di mille tuoni.

Comunione degli Apostoli

Il soggetto della Comunione degli Apostoli è una variante iconografica dell’Ultima Cena, di derivazione più propriamente orientale; tanto che una delle sue prime espressioni è contenuta nel bizantino Codice Purpureo di Rossano. Nel dipinto: Cristo, sotto un padiglione, dispensa la prima comunione agli Apostoli, disposti in circolo; sopra il suo capo, l’Ostensorio: simbolo dell’Eucaristia.

 Navata maggiore

L’edificio, a croce latina, ha 3 navate di 5 campate, un transetto privo della tribuna destra, ed un vano absidale. Il cartiglio dell’arco di trionfo recita in latino: “Nobile quod spectas templum renovavit ab imis/civica religio munere tota suo/MDCCLXXXIX” (“Il nobile tempio che vedi lo rinnovò dalle fondamenta/tutta la comunità religiosa con proprie offerte/1789”).

 Volta della navata maggiore

La convenzione, stipulata il 17 giugno 1791 col maestro Francesco Basile da Borgia, comprendeva, tra l’altro, l’esecuzione d’un S. Benedetto in gloria e di diece figure d’Apostoli nelli diece Cappucci delle finestre. L’intero ciclo d’affreschi fu pagato per 155 ducati; e terminò alla data del 27 ottobre 1792.

Raffronto tra l’affresco cetrarese e quello napoletano

Com’era allora consueto, il Basile, nel dipingere il grande affresco cetrarese, si rifece ad un modello: il Trionfo dell’Ordine Domenicano che Francesco Solimena aveva eseguito, nel 1709, per la Sagrestia di S. Domenico Maggiore in Napoli.

 La consegna delle Tavole della Legge

In due lacunari della volta centrale, sono ancora affreschi del Basile. In questo, dal tratto titanico che soverchia le qualità del pittore, è narrata la consegna delle Tavole della Legge a Mosè, sul monte Sinai. Un angelo gli reca uno scudo con l’iscrizione: “Mandata mea servate” (Osservate i miei comandamenti).

 Ester e Assuero

L’altro affresco minore della volta centrale, dal vivido impasto cromatico, rievoca la storia dell’eroina ebrea Ester. Che, andata in sposa ad Assuero, per salvare il suo popolo dallo sterminio, svela al marito la sua origine ebraica; fin allora tenuta nascosta. Ed Assuero, vinto dalla prova d’amore che la Regina porta al suo popolo, converte l’eccidio in giorno di festa (la purìm degli Ebrei).

 Dettaglio della navata maggiore

L’edificio era in origine un monastero benedettino; dove i frati salmodiavano giorno e notte, come ricorda Erasmo Gattola. Ma nel 1384 inizia ad esser dato in cappellania al clero locale; fornendogli il motivo d’indebite pretese che culminarono, nel 1418, nell’occupazione forzosa d’una cappella. Dovette intervenire il maestro di sentenze Jacopo Agnelli da Itri per dichiarare che una chiesa conventuale non poteva addirsi al clero secolare. Ma nel 1485 essa prende ad essere citata come chiesa parrocchiale.

Mosaico del finestrone

Sulla metà del ‘500, il beneficio della chiesa comincia ad essere assegnato in commenda ad ecclesiastici della Curia di Roma; che nominano, in loro vece, un sostituto locale. Privo d’una vera guida, l’edificio deperisce; tanto che, nel 1567, la Corte Spirituale di Cetraro ordina il sequestro delle entrate per eseguire riparazioni. Ma s’agita pure il clero locale; che, nel 1576, inscena in chiesa una protesta, che interrompe la funzione religiosa.

Veduta dal presbiterio

Sulla fine del ‘600, officiavano in chiesa 25 chierici; che celebravano in giorni distinti della settimana, salvo la domenica in cui c’era messa solenne. Il Catasto Onciario del 1743 segnala, invece, la presenza di 11 cappelle; amministrate da confraternite o conferite in patronato a nobili famiglie. L’ultimo pontificale nella chiesa vecchia si tenne il 30 aprile del 1749, alla presenza dell’abate cassinese Antonio Capece. Dopodiché, si cominciò a pensare ad una chiesa nuova: per maggior gloria del glorioso patriarca S. Benedetto e per più commodo di popolo.

Cantoria

La decorazione interna della chiesa, avviata sulla fine del ‘700, proseguì poi nel secolo seguente. Per opera di d. Vito Occhiuzzi e di d. Giuseppe Lanza; cui si deve la sistemazione, sulla metà dell’800, del palco di cantoria: dall’elegante profilo bombato, intarsiato di marmi policromi.

Organo

L’organo è testimonianza preziosa dell’arte organaria napoletana. Restaurato di recente, è sormontato dalla vetrata artistica che ritrae l’Incontro di S. Benedetto e Re Totila; fatta eseguire da d. Sebastiano Brusco, sulla scorta d’un bozzetto elaborato da d. Antonio De Giacomo.

Palco di cantoria

Al centro della volta della cantoria, è il Giuseppe venduto dai fratelli: affresco eseguito dal Ferrari nel 1898. Rocco Ferrari (Montalto Uffugo 1854 – Paola 1917) fu allievo a Napoli d’Ignazio Perricci; e, sotto la sua guida, lavorò come decoratore al Quirinale, nel Duomo di Napoli e nel Castello di Corigliano. Dipinse, poi, per molte chiese di Calabria – fra cui il Duomo di Cosenza – e fu anche abile ritrattista.

 S. Francesco di Paola

In sagrestia, oltre l’Archivio Parrocchiale, è conservato un dipinto del ‘700 che ritrae S. Francesco di Paola, dono della Famiglia Orsini. Il battesimo, nel 1759, d’un bambino degli Orsini è ricordato in una lapide posta nella Cappella del Sacro Cuore.

 Si ringraziano gli autori e la casa editrice per la gentile concessione.
Vi ricordiamo che il libro è edito da Editoriale Progetto 2000.

Carlo Andreoli