Pasquale Guaglianone. Un amico. Un esperto di emigrazione. Uno scrittore. Un giornalista. Da anni si occupa di raccogliere e raccontare la vita degli italiani in Argentina, Usa, Uruguay, Brasile, Cile. Inviato in Sudamerica per conto di Rai Italia, ha risposto a qualche nostra domanda.
Giornalista, scrittore, inviato… come dobbiamo definirti? Ultimamente, poi, hai curato alcuni servizi per Rai Italia. Di cosa si tratta?
Semplicemente, uno che ama raccontare le storie dei tanti italiani che vivono all’estero. Da due stagioni televisive, lavoro come inviato in sud America di Rai Italia, il canale della Rai per l’estero, visibile in tutto il mondo. Sono dieci anni ormai, che vivo buona parte dell’anno a Buenos Aires, dove ho potuto raccogliere tante storie dei nostri emigrati italiani in quella lontana terra. L’Argentina, ha italiani dappertutto, e le loro storie, così come quelle dei tanti italiani che incontro altrove, negli Usa, in Uruguay, in Brasile, in Cile ed in altri paesi, mi hanno affascinato a tal punto, che ho pensato di raccontarle agli italiani che vivono qui.
Quale storia legata all’emigrazione che hai affrontato ti ha affascinato e colpito di più?
Ce ne sono moltissime, difficile sceglierne una. Ci sono storie di successi e di sconfitte, ma tutte di fatica. Quella sostenuta da milioni di persone, che negli anni duri della nostra Europa, hanno dovuto sobbarcarsi il peso di una lunga trasferta dall’altra parte del mondo.
Incontrando gli emigrati della nostra terra, quali sono le domande che ti vengono poste da loro più spesso in merito alla loro regione d’origine?
In loro, c’è il ricordo della terra che hanno lasciato nel secolo scorso, o il ricordo, attraverso i racconti dei loro nonni e dei loro genitori calabresi. Tutti, immaginano, come siano cambiati i loro paesi d’origine, molti hanno paura di tornare, sapendo di non riconoscere più i loro luoghi, mutati dal tempo e dall’uomo, ovviamente.
Vivendo l’Argentina, avrai senz’altro trovato delle acute somiglianze con la Calabria. Quali?
Per il lavoro che faccio con la Rai, ovviamente, incontro moltissimi italiani all’estero e non solo calabresi. Certo quelli della mia terra, i calabresi, hanno un posto speciale nel mio cuore, perché abbiamo le stesse origini. I calabresi, sono la comunità più numerosa in Argentina e Buenos Aires li celebra ogni anno, con un evento che si svolge in una delle principali avenidas della capitale, avenida de Mayo. C’è molta Calabria nella vita Argentina, anche nel lunfardo, che potremmo definire il dialetto della capitale; molti termini del nostro dialetto, sono in uso nel loro modo di comunicare, e ciò, è dovuto a quanto hanno lasciato i nostri emigrati del secolo scorso, negli usi e costumi.
Visto che sei anche un appassionato di storia, ti chiedo: se potessi tornare indietro nel tempo, dove vorresti andare? In quale epoca ti piacerebbe vivere?
Non molto a ritroso amo andare, mi sarebbe piaciuto vivere coscientemente gli anni ’50, l’epoca di un’Italia in cui i valori avevano un senso.
Parliamo un po’ della tua attività di scrittore. Hai scritto diversi libri, quasi tutti su storie legate all’emigrazione. Da dove nasce questa tua passione?
Lo dicevo prima, il tutto nasce da questa profonda esperienza di dieci anni vissuti e che sto vivendo in Sudamerica, è sul campo che si apprendono le storie vere, reali. Comprendo che da quelle parti, e più generalmente all’estero, gli italiani conservano meglio e di più, i nostri usi, costi, tradizioni. E dunque, mi sono detto: perché non raccontarle? Ridare dignità al nostro emigrato, è sempre stato in cima ai miei pensieri.
“Tante navi tante storie” e “Il Naufragio previsto” sono due dei tuoi ultimi lavori letterari. Ce ne parli?
Il primo, racconta di storie reali, vissute da calabresi in Argentina, la descrizione delle loro fatiche, dei loro sogni, della nostalgia per il proprio paese; la speranza di un ritorno alle proprie radici. Il secondo è la tragica storia del naufragio del Principessa Mafalda, la più lussuosa nave dell’epoca, naufragata a poche miglia dalle coste del Brasile nel 1927. Ho regalato una copia di questo mio libro, alla sorella di papa Francesco, Maria Elena, che ho conosciuto in Argentina. Su questa nave, quel giorno di ottobre del ’27 si sarebbero dovuti imbarcare il padre ed i nonni paterni, ma un documento che mancava, non permise loro di salire a bordo; evitando questa tragedia. Maria Elena, mi ha chiesto di inviare una copia anche al fratello, cosa che ho fatto. Quando la risento, parliamo sempre di questo libro.
Una curiosità per i nostri lettori: ti senti più calabrese, argentino o…?
Calabrese e cetrarese. Cetraro, dove sono nato è il mio luogo del cuore. Si dice così?.
Progetti per il futuro?
Continuare a lavorare con la Rai, visto che adesso il nostro programma, Community, che conduce Benedetta Rinaldi, è in onda ogni domenica mattina alle 10.25 anche in Italia, su Rai3. Per consentire agli italiani di vederlo. Una sorta di informazione di ritorno. E poi, ho già completato due nuovi libri ; uno su una storia che ho scoperto in Brasile a Minas Gerais, su di un missionario cetrarese , padre Occhiuzzo, che in quella zona dove lui visse fino al 1952,è ricordato come il più grande benefattore, di questo libro stiamo realizzando una edizione in portoghese, perché sono stato invitato dalle autorità della città di Campestre in Brasile, a presentarlo anche lì; e quindi la vita argentina di Bergoglio, o meglio di papa Francesco che ho avuto modo di apprezzare a Buenos Aires, incontrandolo varie volte in metropolitana, visto che salivamo spesso in metrò nella stessa fermata. Padre Jorge, come ancora oggi lo chiamano a Buenos Aires, ha tante cose da raccontare e da indicare ai cristiani di oggi.