Mio padre non ha lasciato alcuna eredità materiale. Amministrando saggiamente il suo modesto salario, è riuscito comunque, in mezzo a tanti sacrifici, a condurre avanti dignitosamente la famiglia. Morendo aveva in tasca una misera banconota da diecimila lire e nessun debito pendente.
Di suo ha trasmesso solamente il corredo cromosomico che possedeva. Una dote in particolare egli maneggiava con compiacimento, sagacia, efficacia e tanta ironia: quella di raccontare aneddoti e fatti della sua storia personale. Sono rimasti nella mia memoria i suoi racconti di vita vissuta che di tanto in tanto mi tornano in mente e racconto, come adesso farò, parola più, parola meno, a proposito di un fatto realmente accaduto durante l’Era Fascista.
Protagonista di questo episodio fu il famoso quadrunviro, nostro conterraneo, Michele Bianchi, nativo di Belmonte Calabro, che avendo scalato le più alte vette della gerarchia, venne un giorno in visita ufficiale a Cetraro, da Segretario del Partito Nazionale Fascista, per ispezionare il locale Fascio di Combattimento.
I gerarchi del luogo si fecero a pezzi per accoglierlo nel migliore dei modi e pensarono, tra l’altro, di organizzare un grande pranzo in suo onore.
Allora non esistevano, in sede, né alberghi né ristoranti all’altezza della situazione, per cui fu gioco-forza rivolgersi all’unica struttura esistente che poteva offrire una dignitosa ospitalità: il Convento e il refettorio delle Suore Battistine al Ritiro. Le brave suore ce la misero tutta e nei giorni precedenti l’avvenimento diedero fondo a tutte le loro capacità organizzative predisponendo un pranzo che doveva rimanere nella storia. E nella storia rimase, per il semplice motivo che ve lo sto raccontando.
Giunse dunque a Cetraro Michele Bianchi accolto da mille gagliardetti convenuti anche dai paesi vicini e giunse anche l’ora del pranzo al Ritiro, presso le suore. Una lunga tavolata, imbandita con posate d’argento e cristalli avuti in prestito dai galantuomini del tempo, accolse i numerosi camerati presenti e, a capo tavola, prese posto il quadrunviro.
Come primo piatto, annaffiati dai migliori vini requisiti nelle contrade rurali, furono serviti gnocchi alla cetrarese conditi con sugo di costine, cotiche e salsicce che meritarono ampie lodi da parte dei commensali.
Il secondo fu il piatto forte, costituito dai migliori polli che, avendo allegramente ruspato nelle campagne di San Pietro, erano convenuti al Ritiro per essere amorevolmente arrostiti alla brace dalle Suore Battistine.
Quando i polli presero posto nei piatti dei camerati, questi ultimi cominciarono a scrutarsi tra loro sbirciando chi a destra, chi a manca e chi di fronte, per vedere come gli altri affrontassero la situazione. Quasi tutti avevano qualche difficoltà a imbracciare le posate d’argento per incominciare a tagliare e persino il quadrunviro… temporeggiava. Qualcuno aveva preso il coraggio a quattro mani e stava tentando di assalire la preda, ma quei coltelli erano tra l’altro, come tutti i coltelli d’argento, poco affilati e i polli già saltavano qua e là sulla tavola imbandita.
Fu a questo punto che Michele Bianchi, resosi conto del generale imbarazzo, si alzò e assunse il comando delle operazioni: Camerati seguitemi!.. A sinistra la forchetta, a destra il coltello! Avanti! Tagliare!
Egli stesso mimò la risposta al comando con le sue stesse posate, aspettò che tutti gli altri lo seguissero. Quindi soggiunse: Bravissimi! Dichiaro, approvo e ratifico la vostra capacità tutta fascista di tagliare tutto ciò che va tagliato. Comprese le teste e le ali dei polli. Adesso, da veri camerati, per favore, basta! Posate… le posate, una a destra, l’altra a manca e afferrate il pollo così come faccio io, perché questi sono calabresi come noi: vanno tenuti per mano e fatti fuori così!
Cominciò dunque a gustare il suo pollo a piene mani e tutti, naturalmente, furono d’accordo nel seguire l’esempio dell’illustre gerarca.
Fu così che, liberati dall’incubo di far brutta figura, fecero tutti piazza pulita dei pennuti e di quant’altro le brave suore servirono, in un clima di ritrovata, cameratesca allegria.